Il ricorso all’intelligenza artificiale è la scelta più intelligente?

Sia nel lavoro che nella vita quotidiana, sempre più spesso ci troviamo alle prese con quegli assistenti virtuali che le aziende mettono a disposizione per i propri utenti: e non sempre è tutto oro quello che luccica.

È capitato a tutti, anche per la risoluzione dei problemi più semplici (ad esempio telefonia), di doverci confrontare con vari “assistenti virtuali”. Detto per inciso: se già prima risultava fastidioso attendere al telefono o in chat nell’auspicio che un operatore rispondesse, ora l’attesa diventa quasi irritante quando occorre interloquire con un assistente virtuale “pronto” a risolvere i nostri problemi.

Questi assistenti virtuali, frutto dei più evoluti meccanismi di intelligenza artificiale, servono da filtro per gli utenti che cercano la soluzione di un problema; solo in caso di insuccesso dell’operatore virtuale, si avrà l’onore di parlare con un operatore fisico.

Una precisazione: non tutto quello che è nuovo dev’essere tacciato come inadeguato, ma prima di accoglierlo tout court come la scelta vincente, sarebbe opportuno fare alcune considerazioni per delineare gli elementi negativi del ricorso ai sistemi di intelligenza artificiale:

Spersonalizzazione del rapporto utente-azienda: viviamo, senza ombra di dubbio, nell’epoca che ha conosciuto la maggior crescita tecnologica.

I vari sistemi di intelligenza artificiale, da un lato sicuramente migliorano l’interazione azienda-utente. Dall’altro lato, però, aumentano le distanze tra gli operatori, non sempre con effetti benefici.

Di regola, quando viene aperto un ticket o segnalazione per risolvere qualsivoglia questione, già siamo di fronte a un problema che l’utente deve risolvere. I sistemi di intelligenza artificiale non sempre riescono ad essere “risolutivi”, essendo programmati su algoritmi evoluti ma che mai potranno sostituirsi alla mano umana che, interloquendo di persona, sicuramente è in grado di arrivare il più velocemente alla soluzione;

Risvolti occupazionali e sociali: lungi dal voler esprimere teorie antidiluviane, una considerazione oggettiva pare doverosa. Il ricorso spinto all’intelligenza artificiale ha chiari riflessi negativi sul lato occupazionale: dove prima era necessario un determinato numero di operatori fisici, ora l’attività viene svolta da questi software evoluti. Una constatazione non secondaria, soprattutto in questo periodo di pandemia in cui migliaia di persone hanno perso il lavoro a causa dell’emergenza Covid-19.

Software non paga tasse: Un altro elemento negativo è invece più di carattere sociale: oltre al calo del personale, deve essere considerato che questi software non concorrono minimamente al benessere sociale. Detto in altre parole: le macchine e i software non versano contributi, non acquistano beni, non vanno in vacanza, ecc. Insomma, sicuramente rappresentano una fonte di profitto per l’azienda (non a costo zero, considerata l’attività di informatici e programmatori) ma che non concorrono alla crescita del benessere sociale nell’accezione sopra descritta.

In definitiva: nei prossimi anni ci aspetta una fase di vera e propria ricostruzione economica e sociale che ci riporta alla fine del secondo conflitto mondiale. Non si vuole ovviamente osteggiare il progresso che, per sua natura, corre veloce. Quello che si auspica è uno sviluppo armonico, nel caso dell’intelligenza artificiale, scongiurando soluzioni che potrebbero portare più svantaggi che vantaggi.

Autore: Stefano Mulazzi – Sistema Ratio Centro Studi Castelli Srl

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