Il martello con il logo della sua ditta e i coltelli con il manico particolare. Tutti gli indizi a carico di Bujar. Martani: “Atto premeditato”

Un momento della conferenza stampa odierna

Il martello da muratore con la scritta “Sette Color” nome della sua ditta individuale lasciato all’interno della casa di Vanessa, i coltelli da cucina ritrovati nel luogo del delitto con un manico in legno particolare identici a quelli presenti in casa di Fandaj Bujar, ma anche le immagini delle telecamere di videosorveglianza di una villetta vicina che hanno immortalato un uomo intento a scavalcare la recinzione dall’abitazione con addosso abiti uguali a quelli ritrovati al momento dell’arresto oltre che a una precedente denuncia per stalking formalizzata da Vanessa Ballan lo scorso 26 ottobre. 

Sono solo alcuni degli indizi che fanno propendere gli investigatori che ad uccidere con sette coltellate la 26enne Vanessa sia stato il 40enne kosovaro con la quale la donna aveva avuto anche una relazione troncata un anno fa. Al momento del fermo Bujar aveva anche una ferita alla mano destra tra l’indice e il pollice “compatibile con l’utilizzo di un coltello da cucina” commenta il procuratore di Treviso Marco Martani. 

Il procuratore di Treviso Marco Martani 

All’uomo è contestato il reato di omicidio con quattro aggravanti “il primo è la premeditazione in quanto ci sono molti elementi che ci fanno pensare a questo – commenta il procuratore – il fatto di aver commesso un omicidio nei confronti di una persona con cui c’era stato un legame sentimentale, di averlo commesso nei confronti di una persona che aveva perseguitato con lo stalking e di aver ucciso una donna incinta”. 

Nonostante la denuncia fatta da Vanessa nel mese di ottobre a causa delle ripetute minacce da parte di Bujar e anche di una intrusione nella proprietà privata all’uomo non era stata imposta ancora nessuna misura cautelare. “Probabilmente qualcosa non ha funzionato – ammette Martani – in casi come queste viene disposto un divieto di avvicinamento, misure che comunque devono essere accettate. Quello che impedisce senza ogni possibilità fatti come questi è la custodia in carcere e mi sento di dire che in questo caso non c’erano gli estremi per una misura come questa”. 

“Il divieto di avvicinamento probabilmente sarebbe stato disposto più avanti – conclude il procuratore – in quanto non erano ancora concluse le indagini preliminari. Mancava infatti l’acquisizione dei tabulati telefonici che dimostrassero le minacce”.

Vanessa, infatti, per paura di essere scoperta dal marito, aveva cancellato i messaggi e i Carabinieri durante una perquisizione avevano sequestrato il cellulare di Bujar alla ricerca di prove. 

(Foto e video: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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