Ad Asolo, Città del Miele, un primo incontro sull’eccezionale universo delle api e dell’apicoltura

La serata, svoltasi ieri nella sala consigliare del Palazzo Beltramini, il municipio di Asolo, oggi Città del Miele, ha senz’altro chiarito un concetto: quello delle api è un universo ordinato, produttivo ed estremamente benefico.

Era un obiettivo che la direttrice di Coldiretti Asolo Rosanna Bortolon assieme all’assessore all’agricoltura nonché vicesindaco Franco Dalla Rosa si erano posti già da tempo: quello di sensibilizzare e incuriosire i cittadini su questo tema e sui successivi, sempre legati al binomio uomo natura.

A tenere la prima delle quattro conferenze sulla biodiversità, a cui ha partecipato un buon numero di interessati, gli esperti Stefano Dal Colle e Igor Gatto, chimico, rispettivamente presidente e vicepresidente della sezione Veneto dell’Apat che in tutt’Italia conta un migliaio di iscritti, oltre al vicesindaco e al dottor Simone Rech di Coldiretti.

Partendo da una visione globale dell’apicultura in Veneto, con una media di due tonnellate di miele ogni anno e un valore globale di circa 60 milioni di euro, è stata esaminata al dettaglio nel corso della serata la struttura produttiva delle api e la loro interazione con il resto del paesaggio e con l’uomo.

L’ape ha un’organizzazione straordinaria che già dodicimila anni fa veniva studiata dall’uomo per l’ottenimento del miele: gli Egizi, per esempio, spostavano gli alveari lungo il Nilo per inseguire le fioriture con un sistema non troppo diverso da quello che oggi utilizzano gli apicoltori.

Nel caso italiano ed europeo la specie più diffusa ed evoluta è l’apis mellifera, specializzata appunto nella produzione del miele: l’evoluzione ha voluto che questa sottospecie diventasse soggetta al fenomeno del nomadismo; chiave che ha poi permesso di ritrovarsi ad avere una biodiversità così marcata.

Nell’impollinazione, infatti, l’ape ha una caratteristica che gli altri insetti tendono a non avere: è molto fedele all’albero che sceglie: quindi, anche favorendo la coltivazione, trasporta il polline da un fiore di una specie a un altro della stessa specie, aumentando la possibilità che il polline possa effettivamente dar vita a un’altra pianta. Inoltre con la sua attività rimedia ai danni di altri insetti sulle piante da frutto.


Viene citata anche la comunissima confusione tra ape e vespa e chiarito che il fatto che questi insetti abbiano colori simili non significa per forza che abbiano qualcosa in comune: anche l’eventuale puntura sulla pelle è del tutto differente
.

La puntura dell’ape ha a che fare con la riproduzione e di conseguenza con la morte dell’insetto: non tutti sanno che esistono tre tipi di “classi sociali” all’interno di un alveare, che sono soggette a regole che, trasferite nel mondo umano, potrebbero sembrare una distopia straziante.

Una regina che vive cinque anni, migliaia di operaie e circa mille fuchi: le prime due nascono da un uovo fecondato, mentre i maschi nascono da una cella vuota dell’alveare grazie a un processo chiamato partenegesi.

Le regine vivono di più perché vengono alimentate in maniera diversa, con la celebre pappa reale, mentre i fuchi vengono eliminati dopo ogni stagione, quando il cibo scarseggia, perché diventano inutili.

La regina rimane gravida soltanto di alcuni tra loro, che tuttavia muoiono appena dopo la riproduzione, così il ciclo continua e produce senza tregua di giorno, mentre di notte riposa nelle cavità delle arnie.

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Tra le note piacevoli di questo racconto, durante la serata viene accennato a uno studio di un ricercatore, Karl Von Frisch, capace di dimostrare con alcuni esperimenti che le api hanno un complesso modo di comunicare tra loro, sia con i feromoni, quindi con l’odore, sia con il movimento. Quella delle api è una danza, che parla tramite forme, velocità e angolazioni.

Il chimico Igor Gatto, in seguito, spiega come la presenza delle api influenzi non soltanto la quantità ma anche la qualità dei frutti: “Tagliando a metà una bella mela, vediamo moltissimi semi. Nelle mele più deperite invece sarà naturale vederne di meno. I semi che generano frutti più vigorosi sono quelli dovuti al trasporto delle api fuori lontano dall’albero d’origine. È a questo che serve l’impollinazione”.

In conclusione, poco prima di una degustazione di miele e di vino asolano, viene smentita un’altra credenza comune: il miele “millefiori” non ha una qualità maggiore rispetto al miele d’acacia, di castagno e agli altri, ma una diversa strategia di preparazione.

A testimoniarlo il fatto che sia sempre diverso ogni anno. In Veneto vengono prodotti oltre dieci tipologie di miele, una buona varietà a testimoniare un patrimonio di biodiversità che dev’essere tutelata a tutti i costi, in modo particolare nelle prossimità di una Città del Miele.

(Fonte: Luca Vecellio Qdpnews.it).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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