La situazione in Afghanistan sta concentrando in questi giorni l’attenzione e la preoccupazione del mondo, e la Città di Asolo è disponibile ad accogliere nel territorio comunale altri profughi afghani.
Il Comune di Asolo è infatti uno dei 17 enti locali capofila nel Veneto del progetto Sai – Servizio Accoglienza e Integrazione (ex Sprar) rivolto all’accoglienza dei titolari dello status di rifugiato e attuato in accordo col Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno.
Attualmente i rifugiati di varie nazionalità accolti e presenti ad Asolo sono 15, ospitati in appartamenti dignitosi e seguiti dalla cooperativa che ha vinto l’apposito bando indetto dal Comune, che è l’ente di riferimento del progetto e che si rapporta, nella figura del sindaco, direttamente col ministero.
Il progetto di accoglienza e integrazione per ciascun rifugiato dura solitamente 6 mesi, rinnovabili di altri 6. In questo periodo, le persone accolte vengono inserite in un articolato percorso di integrazione per consentire loro di raggiungere l’autonomia economica e sociale. Il progetto è strutturato in modo tale da garantire ai rifugiati la padronanza della lingua italiana, l’inclusione in stage lavorativi e la frequenza scolastica almeno per la licenza media.
Al termine del percorso, la maggior parte di loro trova un’occupazione, diventa pertanto economicamente autonoma e rimane nel territorio.
Il programma Sai è a costo zero per il Comune: tutte le risorse necessarie sono infatti erogate dal Ministero dell’Interno. All’amministrazione cittadina spetta una puntuale e corretta rendicontazione al Ministero delle spese sostenute nell’ambito del progetto.
“Oggi siamo tutti concentrati su ciò che sta accadendo in Afghanistan – afferma il sindaco Mauro Migliorini -, ma già nel corso di questi 6 anni nel Sai di Asolo sono stati accolti profughi e quindi rifugiati provenienti dall’Afghanistan e dal Pakistan, in particolare dalla zona di confine tra i due Paesi dove i talebani hanno continuato ad esserci. Sentire i racconti di questi ragazzi, conoscere la loro storia, leggere la motivazione per cui è stato dato loro lo status di rifugiato e di protezione umanitaria internazionale, fa rabbrividire”.
“Alcuni di loro portano sul proprio fisico i segni delle violenze che hanno subito. – precisa – Ad esempio, ragazzi che sono stati invitati dalle loro stesse famiglie a lasciare il loro Paese, o che hanno visto morire i genitori, i fratelli o gli amici per mano dei talebani, magari solamente perché frequentavano una scuola di stile occidentale o perché manifestavano per la libertà oppure perché trovati con un giornale o una rivista in lingua inglese, e questo vale anche per le donne”.
“Oltre a loro – prosegue il sindaco -, abbiamo accolto e accogliamo anche rifugiati provenienti dalla Siria, fuggiti dal terrore provocato dall’Isis; dal Kurdistan e in particolare dalla zona posta a cavallo tra Turchia, Iran e Siria e da Paesi del Centro Africa come il Mali o il Burkina Faso dove ci sono altre forme di terrorismo islamico e di persecuzione religiosa nei confronti dei cristiani. Abbiamo anche rifugiati provenienti dalla Libia, che raccontano, mostrando anche le ferite, il “trattamento” a loro riservato dalle carceri libiche. Non solo Afghanistan, dunque: in giro per il mondo ci sono situazioni terribili. Ben venga quindi questo buon senso di umanità e di rinnovo dell’accoglienza, con l’augurio che anche altri Comuni, a differenza di quanto è successo fino ad oggi dal 2015, seguano l’esempio di Asolo e degli altri 16 Comuni veneti capofila del Sai e aderiscano a questo progetto di accoglienza umanitaria che è coordinato dall’Anci e nel quale l’integrazione sta funzionando”.
“Ad esempio – aggiunge Migliorini – i ragazzi accolti nel Sai di Asolo partecipano attivamente
ai gruppi civici spontanei delle frazioni per l’organizzazione delle feste locali, anziché per la pulizia dei sentieri oppure per la manutenzione di alcuni luoghi. Molti di loro sono anche accolti all’interno delle società sportive. È un progetto di integrazione a 360 gradi”.
“Nel 2015 – conclude il sindaco di Asolo – non abbiamo esitato un attimo ad aderire al progetto di accoglienza, partendo dal presupposto che Asolo è sempre stata una città accogliente. Pensiamo ad esempio all’accoglienza ai profughi armeni che fuggivano dal genocidio del popolo armeno perpetrato dagli ottomani o ancora, con l’introduzione delle leggi razziali nel periodo fascista, alla vicinanza degli abitanti della città e del territorio nei confronti delle diverse famiglie ebree che ad Asolo furono messe al confino. Oppure, nel 1979, l’accoglienza della nostra città ai profughi vietnamiti. Nel 2015 io ho portato questo progetto di integrazione in consiglio comunale e il consiglio comunale, maggioranza e minoranza, lo ha approvato all’unanimità. Quindi un plauso va a tutta la città di Asolo che anche in quella occasione, e anche oggi, si è dimostrata e continua a dimostrarsi accogliente e fraterna”.
Una lunga e drammatica storia di rifugiati da varie parti del mondo contraddistingue quindi il vissuto umanitario e sociale della comunità asolana. Ora però è la nuova emergenza scoppiata in Afghanistan a bussare alle porte: e quelle della Città di Asolo, come sempre, restano aperte.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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