Due dosi di Pfizer, un legame profondo (e ideologico) con Cuba e una totale fiducia nella scienza: questi gli elementi che hanno spinto Irene Castellani, cittadina di Asolo e studentessa di giurisprudenza a Trento, a candidarsi ed essere selezionata come volontaria per un trial clinico del “Soberana plus Turin”, promosso dall’Aicec (Agenzia di Interscambio Culturale ed Economico con Cuba), in collaborazione con l’ospedale Amedeo di Savoia di Torino e l’Instituto Finlay de vacunas di Cuba.
“Il Soberana Plus è uno dei cinque vaccini proteici basati su un frammento della proteina Spike che induce gli anticorpi più neutralizzanti e che ha la funzione di rinforzare la risposta immunitaria al virus Covid-19” spiega Irene.
“Sull’isola, sottoposta a “Bloqueo”, un embargo economico che blocca quasi totalmente i commerci dello Stato caraibico, sono stati sviluppati ben cinque vaccini differenti, tra cui uno (Soberana 02) formulato appositamente per età pediatrica, già somministrati al 94% della popolazione dell’isola nonostante non viga l’obbligo vaccinale. La campagna vaccinale massiva ha contribuito ad invertire la rotta sulla situazione pandemica, facendo uscire l’isola dalla grave crisi affrontata durante l’estate, abbassando il tasso di positività sotto l’1%”.
“Ho sempre nutrito un sentimento di stima e solidarietà nei confronti di Cuba, che mi ha portato a “poner mi granito de arena”, cioè mettere il mio granello di sabbia” come mio padre fece trent’anni fa in Nicaragua raccogliendo il caffè”.
Irene Castellani è sbarcata con un gruppo di altri volontari provenienti da tutta la Penisola a L’Avana il 15 novembre, con uno dei primi voli internazionali che quel Paese si ritrovava a poter accogliere: “Ero stata a Cuba 11 anni prima. È visibile l’enorme sofferenza che la chiusura dei confini e l’assenza di turismo hanno creato. Parlando con gli abitanti de L’Avana, mi sono resa conto che l’opposizione alla vaccinazione tanto in Europa quanto in Italia suscitava perplessità. Non capiscono il perché di questo scetticismo”.
Il trial clinico al quale ha partecipato Irene sarebbe stato gestito con trasparenza dai medici e dai microbiologi di L’Avana. “Il secondo e ultimo step è completamente affidato all’ospedale torinese per dare più trasparenza e credibilità che, altrimenti, un trial gestito interamente da Cuba non avrebbe avuto a livello internazionale – racconta Castellani – Prima del vaccino ci hanno sottoposti a varie visite preliminari, ci hanno dato materiali da consultare; dopo la vaccinazione ci hanno portati a visitare gli impianti dove producono e a conoscere i ricercatori. Persone normalissime, di ogni età, anche neolaureati, che ci hanno spiegato con semplicità le meccaniche con cui questo vaccino agisce sul sistema immunitario”.
Tutti i partecipanti, già vaccinati in Europa (con almeno qualche mese di distanza dalla seconda dose), dopo la somministrazione del Soberana Plus sono stati invitati ad annotare su un diario il proprio stato di salute e sono stati tenuti in osservazione per quattro giorni.
“Ho avuto un po’ di male al braccio e basta. Molti altri non hanno avuto niente – racconta Irene – Sono vaccini a base proteica, i meno impattanti da un punto di vista fisico, la stessa tecnologia con cui a Cuba si vaccinano bambini e bambine contro il meningococco”.
La fase successiva dello studio prevede che Irene si rechi a Torino, all’ospedale Amedeo di Savoia, per le analisi del sangue post vaccinazione: a quel punto i ricercatori produrranno un articolo scientifico sulle ricerche appena completate. “Al mio rientro non è stato necessario segnalare nulla alla mia azienda sanitaria. Ho regolarmente il Green pass e presto dovrò sottopormi alla terza dose”.
“No, non ho avuto paura, – afferma Irene – sono soddisfatta di aver contribuito al progresso scientifico e con l’occasione ho conosciuto anche varie autorità cubane come il dottor Francisco Durán (direttore Nazionale di Epidemiologia del Ministero della Salute Pubblica, figura equivalente a quella di Figliuolo in Italia), la brigata di medici Henry Reeve che è venuta in aiuto a Crema e Torino l’anno scorso, e siamo stati ospiti dell’ambasciatore italiano Elio Menzione.
“Parlandone anche con persone che sapevano dell’esistenza dell’avanzata ricerca biotecnologica a Cuba, non è arrivato l’eco del fatto che lì si sviluppassero vaccini (non soltanto contro il Covid-19) da oltre vent’anni. Incontri che ci hanno dimostrato la forza delle loro istituzioni soprattutto nel campo dell’educazione e della sanità, entrambe gratuite e prive di partecipazioni private”.
(Foto: Irene Castellani).
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