Demolito il vecchio maglio di via Giorgione: una storia fra trippe, grappe, tesori e sparatorie

Demolito il vecchio maglio di via Giorgione

È iniziata mercoledì mattina la demolizione di un edificio pericolante lungo via Giorgione a Casella d’Asolo: da anni quello che un tempo era un vecchio maglio, ovviamente disabitato e fatiscente, rappresentava un potenziale rischio per la viabilità, di conseguenza anche per il proprietario. Qualche volta, specie durante i temporali, capitava che dal tetto del “vecchio maio”, così definito dai cittadini, si staccassero dei materiali.

Anche se all’apparenza l’edificio non si presenta come particolarmente interessante dal punto di vista architettonico, abbandonato lì al margine di una strada trafficata ma invisibile per i residenti ormai abituati a vederlo, la famiglia Dolcetta e il titolare dell’Osteria al Majo, nelle vicinanze, può raccontare una storia ben più profonda, tra artigianato, vita da osteria e persino qualche episodio di criminalità.

Ho abitato qui per tanti anni, fino al 1970 – spiega con gli occhi che brillano il signor Dolcetta, classe ’49, mentre osserva dalle finestre gli escavatori che frugano nelle macerie dell’ultima sezione rimasta del caseggiato. Nessun risentimento in lui – trova ragionevole l’idea di demolire l’edificio – solo la volontà di raccontare una storia altrimenti dimenticata. – Mio padre, Pietro, era di Pagnano (dove c’è l’altro, più famoso, maglio): venne ad abitare qui quando aveva solo due anni, nel 1908. Lo stabile c’era già. Nella parte più a sud c’era il vero e proprio “maio”, con il mulino che dava sul canale, che a quel tempo era profondo due metri. Una piccola paratoia consentiva di lavorare tutto con la forza dell’acqua: i trapani, il tornio, una ruota più grande sul retro”.

Pietro Dolcetta fu lavoratore eccezionale, raccontano anche altri cittadini, quello che oggi si direbbe un maestro del ferro. Per un po’ aveva vissuto in Argentina, lavorando anche per la Ford (e indicando negli anni successivi alla televisione, sulle pellicole di “Stanlio e Olio”, che quelle auto le aveva fatte proprio lui). Aveva lavorato anche sulle torri petrolifere e poi era tornato in Italia a fare quello che sarebbe diventato il suo mestiere principale: il fabbro.

Negli anni dopo la guerra, nell’epoca dei recuperanti, acquistava i gusci delle bombe per poi tagliarle e trasformarle in attrezzi da lavoro agricoli e altri utensili (vomeri, in particolare). Una volta, però, una di quelle bombe esplose: facendo volare tutto ciò che c’era in casa, ma senza fortunatamente ferire nessuno.

Oltre al maglio nella metà del caseggiato più vicina al centro di Casella d’Asolo c’era un’osteria “alla vecchia maniera”: la specialità erano le trippe, tradizione che si è mantenuta poi anche nel locale del signor Dolcetta, che le prepara con la stessa ricetta. Il signor Dolcetta ci racconta un altro aneddoto interessante: “L’osteria non aveva i servizi, ragion per cui a quel tempo non avrebbe potuto vendere bevande alcoliche. Così le grappe erano appese al balcone con una corda e immerse nell’acqua. Se qualcuno fosse entrato per ordinarne, l’oste avrebbe provveduto riavvolgendo la corda e versandone un po’ di nascosto, per poi immergerla nuovamente. La finanza, così, non le avrebbe mai scoperte”.

Secondo quanto raccontato dalla gente del posto, questo edificio ha vissuto anche degli episodi legati alla criminalità organizzata: sessant’anni fa tendeva a essere un ritrovo anche per un gruppo di malviventi, il cui leader era conosciuto con il nome di “Il Bandito dal Cappello Nero”. “Una sera giocavamo a bocce qui fuori quando una pattuglia dei Carabinieri è arrivata per stanare la banda, che veniva spesso a bere qualcosa in quest’osteria. Loro si sono nascosti in una cantina di quell’edificio e poi, a suon di colpi di pistola, sono riusciti a scappare. Io ero piccolo: mi hanno lanciato in casa e mi hanno intimato di non uscire”.

La demolizione, di cui si discute da diversi anni, è stata portata a compimento dall’amministrazione di Asolo assieme al proprietario, anch’esso asolano, grazie allo sblocco della possibilità per quest’ultimo di recuperare il credito edilizio: la quantità volumetrica potrà venire riconosciuta al proprietario per futuri progetti, con l’iscrizione delle metrature smantellate in un apposito registro in Comune.

“Da anni cercavamo di sbloccare questa situazione, – spiega il vicesindaco Franco Dalla Rosa, che ha seguito l’operazione assieme al sindaco Mauro Migliorini e al proprietario dello stabile – Finalmente ci siamo riusciti, grazie al dialogo con il proprietario dello stabile, che ringraziamo, e a questa possibilità del recupero del credito edilizio, che ad Asolo è piuttosto recente. Oggi la strada in quel punto è sicura e nessuno dovrà più preoccuparsi di eventuali crolli”.

C’è un ultimo racconto, quasi certamente di fantasia, nascosto sotto le macerie di quell’edificio scomodo: parrebbe che una vecchia zia, prima di morire, abbia detto ai nipoti di aver lasciato – da qualche parte, ben nascosto – un tesoretto di monete d’oro. “È una cosa che avrà detto così per dire, – spiega il signor Dolcetta ridendo – Ma, nel dubbio, io ho avvisato i muratori”.

(Foto: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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