Che il 24 sia un numero speciale, che la parola “padre” valga 3 e che “madre” valga 41, è qualcosa che sanno in pochi persino in una città come Asolo, dove la cultura ebraica ha lasciato il segno: per comprendere a pieno queste affermazioni bisognerebbe conoscere la gematria, una scienza teologica che studia le parole in lingua ebraica, dando loro dei valori numerici e creando percorsi tra vocaboli dello stesso “peso”.
Proprio per la complessità di questa disciplina scientifica, a metà tra la matematica e la teologia, non è immediato comprendere il grande lavoro dell’artista Tobia Ravà, le cui opere colorano le già ricche stanze del Museo Civico di Asolo: ai tre piani del museo si contano decine di creazioni, tra pittura e scultura, che in comune hanno un notevole uso del colore, della prospettiva, di lettere dell’alfabeto ebraico e, soprattutto, di numeri.
Ogni forma delle diverse opere presenti, dalle sagome di animali agli scorci architettonici, viene definita attraverso una lunga equazione, che diventa decifrabile attraverso l’utilizzo di queste tecniche di riduzione teosofica: a Ravà, però, che un visitatore entri e traduca letteralmente l’opera così come lui l’ha pensata non interessa per niente. “Non è necessario che i visitatori conoscano questi principi, un’opera d’arte deve trasmettere empatia a prescindere dalla sua spiegazione” afferma l’artista, che abita tra Venezia e Mirano, ma che intrattiene con Asolo un rapporto speciale.
Tobia Ravà è stato studente di Umberto Eco, si è laureato in Semiologia delle Arti all’Università di Bologna, ha lavorato in vari settori e per vari enti a livello nazionale e internazionale sia a carattere culturale che scientifico e ha persino scoperto due teoremi matematici, uno dei quali prende il suo nome.
Come spiegano le curatrici, Patrizia Lazzarin e Maria Luisa Trevisan, l’esposizione ha preso il nome di “Rinascimento” per vari motivi, tra i quali l’obiettivo di celebrare il senso della natura, l’equilibrio tra l’uomo e l’ambiente, con uno stile che avvicina l’artista al “concettualismo estetico”.
Il legame con Asolo è forte per il richiamo all’ambiente di letterati e studiosi (e quindi anche ai simboli esoterici) che Caterina Cornaro aveva avuto attorno a sé e, in secondo luogo, per il richiamo alla presenza ebraica in città: non lontano dalle sale della mostra, infatti, vi sono due lapidi della famiglia Gentilli, rispettivamente del 1420 e del 1610. Pare che nell’Alto Medioevo vi fosse un intero cimitero ebraico nei pressi del Colmarion, di cui oggi non c’è più traccia.
Proprio la rappresentazione di Caterina Cornaro presenta la mostra in copertina del catalogo, così come altrettanto importanti sono i ritratti di Eleonora Duse e Freya Stark, a cui sono state dedicate altre opere nelle relative sale permanenti del museo. “Mio padre era un amante di questi luoghi, della Pedemontana e di Asolo, e si dilettava a studiare le vicende della Prima Guerra Mondiale – racconta l’artista – Era legato alla Duse”.
Interessante sapere che una sua parente, una certa Venturina, era stata una delle tante amanti di D’Annunzio e che lui, mentre andava a lanciare i manifesti italiani su Vienna, aveva detto: “Preferirei essere nella vasca di Venturina”. Un collegamento simile, scavando nel suo albero genealogico di matematici e letterati, è esistito anche con Albert Einstein.
La mostra rimarrà aperta dal 3 ottobre al 9 gennaio, (il sabato e la domenica e durante i festivi) e vivrà anche di altre iniziative collaterali: l’inaugurazione è fissata per oggi, domenica 3 ottobre, alle 16 alle 19 nel giardino del Castello di Asolo, seguita da un concerto con la presenza della band “Diplomatico e Collettivo Ninco Nanco”.
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