Torneranno mai gli anni d’oro al Casonetto di Asolo? Tiro al piattello o al piccione, campi da tennis, un bel ristorante e poi la rovina

Chi era ragazzo cinquant’anni fa ricorda bene il ristorante e le attrazioni del Casonetto, a meno di un chilometro dal borgo storico verso Monfumo e Castelcucco: campi da tennis, spazi dedicati al tiro al piattello e al tiro al piccione, un grande salone con molti posti a sedere.

Una struttura con un terreno utile di ben quattro ettari che “andava moltissimo” tra i ragazzi della zona così come tra professionisti di passaggio e turisti da fuori: un vero e proprio punto di ritrovo e di aggregazione, che ha avuto un declino rapido e irrecuperabile negli anni ‘80.

Oggi l’edificio centrale del ristorante, sulla destra della strada che sale verso Asolo o proseguendo a sinistra verso Monfumo, si può osservare lasciato a se stesso, ormai pericolante e destinato alla demolizione.

In origine l’edificio era stato un mulino, risalente ai primi anni del Novecento: un restauro del 1955 a opera della famiglia Peggion lo aveva portato al suo massimo splendore, convertendolo appunto in un bel ristorante spazioso, inaugurato poi nel ‘58.

In un prossimo articolo verrà raccontata l’origine di questa struttura, mentre qui ci limiteremo a raccontarne l’evoluzione più moderna, grazie alla testimonianza della famiglia Peggion, un tempo proprietaria dell’area, e di altri che in quegli anni vi hanno trascorso “i migliori pomeriggi della propria infanzia”.

“Per prima cosa l’edificio aveva al secondo piano otto camere da letto ma non era affatto, come qualcuno ricorda erroneamente, un albergo: le stanze erano esclusivamente destinate al personale” ricorda Maddalena Peggion.

Gli ambienti del locale erano signorili e curati nei minimi dettagli: era studiato per attirare anche la clientela più esigente. Fin da subito i gestori avevano percepito la necessità di costruire attrazioni e intrattenimenti per gli ospiti, che col tempo si erano estesi anche a chi non si fermava a mangiare ma vi trascorreva soltanto qualche ora. Le attività ricreative e sportive avevano una gestione autonoma, ma per un certo periodo avevano funzionato sinergicamente e in modo ottimale.

Primo tra tutte era il tiro al piattello o al piccione, molto più diffuso di quanto non sia oggi: attirava centinaia di appassionati ogni weekend. “I ragazzi più grandi si trovavano con le compagnie di ragazze e andavano a sparare – ricorda un cittadino – I più piccoli, come me, andavano a caricare il piattello in cambio di un panino e un bicchiere di aranciata”.

I due campi dedicati a questa disciplina erano molto ampi: in uno c’era la variante classica e nell’altro lo “skeet”, uno stile più dinamico a piattello multiplo.

Nelle vicinanze del ristorante c’era anche un vivaio di trote e un centro ittiologico sperimentale per lo studio degli avannotti. In più, lì vicino c’erano due campi da tennis, dove si organizzavano spesso tornei e competizioni.

Nella zona venivano organizzate escursioni nei boschi del Casonetto e alcune visite alla zona delle trincee sulla collina soprastante. L’area del parco aveva ospitato anche un concorso ippico internazionale. Un mosaico di attività che trasformava la zona, oggi molto meno fornita, in una destinazione davvero speciale per moltissimi giovani e famiglie.

Ancora una curiosità sull’edificio principale: su una delle pareti interne è presente un’opera dell’artista Orazio Celeghin, allievo di Guido Cadorin, trasferitosi ad Asolo nel 1912 e artefice di varie opere di pregio nel territorio dell’Alta Marca. Gli impianti rimanevano aperti tutto l’anno, tranne in inverno, quando faceva troppo freddo.

Per oltre vent’anni la struttura aveva goduto di un’ottima reputazione, finché negli anni ’80 fu venduta dalla famiglia Peggion e andò incontro ad alcune difficoltà, forse dovute alla sua gestione, forse al mutamento delle abitudini dei giovani.

La sfortuna di quest’area proseguì quando la proprietà si accordò per edificarvi un birrificio: il cantiere andò avanti e poi s’interruppe bruscamente, là dove si può ancora vedere oggi. Erano stati ristrutturati anche tre immobili, anch’essi ancora visibili al grezzo nell’area indicata.

Mentre l’edificio principale del ristorante al Casonetto è prossimo al crollo o destinato alla demolizione, passeggiando nei dintorni capita ancora di trovare a terra cocci di piattelli e altri segni di pomeriggi e serate trascorsi all’insegna del divertimento e della spensieratezza.

C’è chi pensa che l’area potrebbe in futuro venire ripristinata e fare da punto di ritrovo, da centro sportivo, da complesso turistico: nonostante un simile investimento richieda un gran coraggio, specie di questi tempi, il sito potrebbe rivelarsi una vera e propria miniera d’oro, così come è già stato un tempo. Ad averne la proprietà da ormai trent’anni, in attesa di un’offerta soddisfacente, continua a essere una nota famiglia riesina.

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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