Somadida, una riserva naturale di 1600 ettari in località Palus San Marco ad Auronzo di Cadore, è una delle foreste più belle del Veneto. Chi la conosce sa che nei suoi sentieri c’è qualcosa di magico e misterioso, che si rende percepibile solo a quei visitatori che sanno ascoltare, rispettosamente, nel mezzo di una grande distesa di abeti rossi e bianchi, ma anche di larici e faggi.
Questo regno è stato custodito come Riserva fin dall’epoca della Serenissima, quando il legno dei tronchi veniva scelto per le migliori navi di Venezia e persino per le fondamenta della città. All’ombra delle Marmarole e del Corno del Doge, la foresta brulica di sudditi discreti che, sommessamente, si muovono tra il muschio e i ruscelli: un trionfo di flora e di fauna, tra cinguettii primaverili e bramiti autunnali, frutti di bosco e fiabe da inventare.
Un patrimonio, per secoli protetto dall’uomo, che oggi mostra le ferite di una battaglia silenziosa. Chi conosce la foresta percepisce, visitandola, che nel regno è arrivato un invasore.
Il bostrico, un piccolo coleottero di colore scuro, viene definito “tipografo” perché letteralmente incide nella corteccia degli abeti rossi delle specie di canali, per poi scavare la camera nuziale in grandi gallerie nella superficie del tronco.
Così facendo, il flusso linfatico si interrompe e la pianta, gradualmente, muore: prima l’abete perde tutta la resina, poi gli aghi s’ingrigiscono e la corteccia si distacca nella parte superiore del tronco. L’insetto non c’è più, ma le lesioni sono quasi sempre letali, anche perché l’indesiderato ospite porta con sé anche dei funghi patogeni.
La sciamatura di questo coleottero parassita nelle foreste del Veneto, che avviene in primavera, non è qualcosa di nuovo, ma l’abbondante presenza di tronchi caduti e mai raccolti, combinata con le temperature anomale di questa primavera, hanno trasformato alcune zone di Somadida in un campo di battaglia, con distese di tronchi infetti e in procinto di morire.
Non si tratterebbe di un problema temporaneo: secondo alcuni esperti, un’infezione può durare fino a sei anni. Studiando casi precedenti a questo, pare evidente che l’unico modo per contenere l’epidemia sia abbattere e smaltire rapidamente gli alberi che già ne sono affetti: i Carabinieri Forestali, custodi della Riserva, stanno portando avanti un’opera di bonifica in questo senso, trovandosi tuttavia ad affrontare un fenomeno più esteso che mai, pari a circa venti ettari di foresta. Nei prossimi anni si suppone sarà necessario asportare dalla foresta altri duemila metri cubi di tronchi infetti.
La teoria più ottimistica, che dovrebbe portarci a pensare che Somadida sarà ancora più bella tra cinquant’anni, è quella che ritiene la foresta capace di auto-rigenerarsi e che il bostrico non faccia altro che eliminare le piante più deboli dell’ecosistema, in favore di quelle più vigorose.
Nel frattempo, però, non possiamo che prendere atto dell’ennesimo effetto del cambiamento climatico, che comincia a impattare in modo importante anche alle altitudini dove, prima, credevamo il paesaggio pressoché immortale.
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