Proseguiamo il percorso alla ricerca dei toponimi del trevigiano ritornando alle pendici del massiccio del Grappa, gruppo montuoso delle Prealpi Venete a cavallo fra le province di Treviso, Belluno e Vicenza. Piccola digressione: l’oronimo (nome di una cima) Grappa compare nel 1622 in un documento che parla della “Montagna detta la Grappa” e ha un’origine controversa. Potrebbe derivare dal veneto grappa cioè erpice, dal germanico krap/krappa ovvero uncino, o più verosimilmente da krapp, roccia. La stessa etimologia della grappa intesa come acquavite è incerta: forse discende dal latino raspus o dal celtico krap, entrambi con significato di gancio/arpione, o più semplicemente da graspo, il sostegno legnoso degli acini d’uva.
Ma torniamo a Castelcucco, 2.300 abitanti, del quale abbiamo tre attestazioni medievali: nel 1200 ci si imbatte nella locuzione “de Castrocucco”, nel 1314 nella cosiddetta “Regola de Castrocucho” infine, nel 1339, nel toponimo “Castrumchuchum”. In tutti questi casi l’origine del nome risulta essere la combinazione fra il latino castellum (castello) diminutivo di castrum (fortezza) e cucco, parola antecedente al latino e indicate la sommità di un rilievo, secondo alcuni acuminato e per altri tondeggiante. In sostanza Castelcucco è una “fortezza sulla cima”.
Con molta cautela riporto una curiosa annotazione: il toponimo Castelcucco avrebbe sollecitato nel tempo l’imbarazzo e l’orgoglio di alcuni dei suoi abitanti per via del termine cucco localmente associato all’organo sessuale maschile.
Ritornando alle fortificazioni è interessante notare come sul blasone municipale facciano bella mostra di sé due torri merlate alla guelfa, di colore rosso in campo d’argento: chi volesse incamminarsi alla ricerca delle numerose presenze umane che si sono avvicendate nei secoli nel territorio castelcucchese non può tralasciare i resti del Castello sul Col Muson. La rocca, ubicata in posizione dominante, consentiva l’osservazione della pianura a trecentosessanta gradi; al suo interno è ancora visibile una cisterna che, attraverso soluzioni ingegnose, garantiva la captazione e la filtrazione delle acque piovane.
Lasciamo Castelcucco sollevando un calice di Rabbiosa o di Recantina, vitigni miracolosamente salvati dall’estinzione e giusto orgoglio dei lungimiranti viticoltori locali.
(Autore: Marcello Marzani).
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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