Riceviamo e pubblichiamo da Giovanni Toffolatti questa particolareggiata ricostruzione dei fatti che si svolsero in paese esattamente 80 anni fa: un’autentica pagina di storia cisonese la cui memoria deve essere custodita e tramandata di generazione in generazione.
“I tedeschi cercano di resistere, incalzati dagli angloamericani, che dal sud avanzavano verso nord e dai partigiani che tendono continue imboscate. Si vendicano e, passando di paese in paese, uccidono persone innocenti e bruciano le case; così avviene a Pieve di Soligo, a Solighetto, a Follina e quindi sarà per Cison, dove i partigiani si tengono nascosti nei boschi. Cosa sarà di Cison? Le case sono chiuse, alcune famiglie hanno portato le loro masserizie nei campi per salvarle da eventuali e sicuri incendi: gli uomini e i giovani sono nascosti in montagna e altri si rifugiano nelle soffitte del castello trasformato in ospedale (istituto marino di Jesolo). Cosa si può fare per salvare Cison? Il commissario prefettizio del comune sig. Paolo Toffolatti (il sindaco era stato destituito dal prefetto di Treviso) dopo aver constatato da in cima al campanile della Chiesa che Follina stava bruciando pensò che l’unica cosa per salvare il paese era di fermare la colonna tedesca, ciò che a nessuno era riuscito. Cercò l’appoggio di alcuni cisonesi rimasti e non fuggiti, che a mezzogiorno suonato ritornavano alle loro abitazioni. Punto di incontro all’angolo del negozio Toffolatti in piazza chiesa; Bruno Bigliardi direttore della latteria, Buffon Gioacchino (Chino Scuso) che veniva dalle cantine Brandolini, Da Broi Angelo (Angein Maruso) che abitava nel Prato, Da Mar Antonio (Toni Baeghin), Dal Moro Giacomo (Giacomin dei Foghi) che abitava vicino al negozio, Gola Umberto (Berto Gola) operaio in latteria, dott. Francesco Guarnieri che abitava nel Prato. Si diedero appuntamento per le 13.30 davanti alla casa di Zaccaria Salton (Zaccaria dei Pupi). Puntuali all’appuntamento si fecero prestare un lenzuolo bianco dalle suore dell’asilo e un bastone da Zaccaria e così fecero la bandiera bianca, segno di pace, e con questa si diressero a piedi, sotto un sole cocente, verso Follina. Tutti erano consapevoli del pericolo a cui andavano incontro e cioè alla fucilazione. A metà percorso furono raggiunti dal parroco Raffaele Spagnol che solo su sollecitazione forzata della signora Luisa Toffolatti, in presenza della allora ragazza Teresina Dall’Olio Possamai, ancora vivente in casa Gentili si decise a portare gli “oli santi” ai “morituri”. Giunti all’inizio di Follina, in corrispondenza della casa del famoso astrologo cisonese (nato a Rolle) Giuseppe Lorenzoni, si trovarono di fronte alla colonna tedesca che già stava avanzando verso il nostro paese. La bandiera bianca fu gettata con disprezzo nel fosso vicino. Cominciò una lunga e difficile trattativa tra il commissario prefettizio del nostro comune con il capitano tedesco e con l’aiuto di Giacomin dei Foghi che conosceva il tedesco avendo lavorato in Germania. Alla fine della trattativa i cisonesi garantivano che Cison era un paese tranquillo di agricoltori e che non c’erano partigiani e come garanzia misero a disposizione della loro vita. Il capitano tedesco accettò questa proposta ma se ci fosse stato un solo colpo di arma da fuoco tutti gli ostaggi sarebbero stati fucilati e il paese dato alle fiamme. Sei ostaggi furono trattenuti a Follina presso il comando tedesco, mentre il commissario prefettizio e l’interprete furono fatti sedere dai parafanghi di un’autoblindata mentre il medico fu fatto sedere su un’auto scoperta tra due ufficiali. La giornata era caldissima e i parafanghi erano come due graticole e, perdipiù, i due avevano alle spalle le mitragliatrici puntate su di loro. La colonna si avviò, a passo d’uomo, verso Cison. Ovunque, lungo il percorso, c’era un silenzio assoluto e il continuo timore di un’imboscata da parte dei partigiani. Dopo quasi mezz’ora arrivarono a Cison in piazza passando per il ponte; le strade erano deserte, i balconi delle case erano chiusi. In piazza comparve improvvisamente un ragazzo di circa dodici anni che stava correndo verso casa, preso di mira da un ufficiale tedesco stava per essere colpito, ma la pronta mano del medico gli impedì di sparare e così il ragazzo fu salvo (Claudio Cosma). I tedeschi vollero dirigersi verso il castello, passarono davanti alla chiesa; dietro la casa dei Toffolatti c’erano dei partigiani che raccoglievano mele e al rumore delle autoblindate riuscirono a scomparire nel bosco vicino. Man mano che la colonna lentissimamente avanzava cresceva la paura dell’imboscata; giunti all’altezza della casa del guardia boschi Toni Frozza la colonna si fermò, fecero scendere dai parafanghi i due ostaggi che, con le mitragliatrici puntate su di loro dovevano precedere la colonna. I partigiani non si mossero e giunsero così davanti al castello-ospedale. Seguirono discussioni tra il direttore dell’ospedale e gli ufficiali tedeschi; mentre ciò avveniva il commissario prefettizio notò nell’angolo del salone una lunga scala che arrivava ad una botola del soffitto dove si erano nascosti cisonesi e partigiani. Fortuna volle che ai tedeschi non venne in mente di salirci per controllare….altrimenti sarebbe stata una strage con la fucilazione degli ostaggi con il paese dato alle fiamme….un miracolo della Madonna alla quale si erano rivolti i sette ostaggi. Dal castello i tedeschi lanciarono dei razzi bianchi verso Follina per avvertire il comando che tutto procedeva bene. Ripresero la strada del ritorno sempre con gli ostaggi seduti sui parafanghi e con le mitragliatrici puntate su di loro; si fermarono in Piazza Roma davanti al bar “Al Castello” e con alcune raffiche di mitra distrussero la cabina telefonica, poi proseguirono cautamente verso Follina. Verso le ore 20 tutti gli ostaggi furono liberati e a piedi ritornarono nelle loro disperate famiglie.
I partigiani con le loro imboscate non sono mai riusciti a fermare i tedeschi.
A Cison nove uomini coraggiosi disarmati e con il rischio della loro vita fermarono la colonna tedesca”.
(Autore: Redazione Qdpnews.it)
(Foto: Giovanni Toffolatti)
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