“Sergio Papa è colpevole e va condannato alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno per tre anni”. Dopo sette ore di arringa, il pubblico ministero ha presentato la sua richiesta di condanna alla corte d’assise che deve giudicare il 36enne di Refrontolo, accusato del duplice omicidio di Loris e Annamaria Nicolasi uccisi il 1 marzo 2018 a Rolle.
Secondo il magistrato: “Abbiamo fornito tutte le prove che dimostrano che l’imputato è responsabile dei reati, aggravati dalla crudeltà, dalla minorata difesa delle vittime, dai futili e abbietti motivi e da una condotta malvagia”.
Esclusa invece la premeditazione: la procura ha ripercorso la vicenda dal momento del delitto alle fasi processuali.
Seguendo uno schema preciso: il 28 febbraio Papa si introduce nell’abitazione dei Nicolasi, viene scoperto e cacciato. Il giorno dopo torna, e questa volta la lite sfocia nel duplice omicidio. Poi fugge, con la Fiat Panda rubata la sera prima a Rua di Feletto che, nella notte, darà alle fiamme a Miane.
Nelle sue conclusioni, Romanelli ha spiegato come a incastrare Papa siano stato gli ex datori di lavoro: “Sono stati loro a dire a Nicolasi chi era l’intruso e ancora loro ad informare i genitori di Papa. E Sergio, per questo, fin da subito sa che i carabinieri sono sulle sue tracce e sparisce”.
Il ruolo dei genitori è determinante nelle indagini, intercettati infatti, provano ad aiutare il figlio: “Il padre – spiega Romanelli -, collega la morte dei Nicolasi all’auto bruciata. È sicuro che a bruciarla sia stato il figlio, tanto male che gli vada lo mettono dentro per quello”.
La moglie lo zittisce e prima di andare dai carabinieri dove entrambi sono stati chiamati dice: “Della macchina non sa niente nessuno. Dobbiamo dire che è andato via, che non sappiamo dov’è”.
Parole che confermano i sospetti dei carabinieri, sostenuti anche dai tabulati telefonici che consentono di legare i fili e dai testimoni. Quello chiave per la procura è Corrado Bernardi: “Che si distingue per precisione e lucidità. Vede l’auto, ne registra i dettagli e un parziale della targa. È la stessa che la notte brucerà a Miane”.
È il 9 marzo, il pm fa scattare il fermo. Papa viene arrestato il giorno dopo a Mestre. Da quel momento si farà interrogare solo una volta dal gip: “Per dire di essere andato dai Nicolasi a chiedere una ricetta delle frittelle. È una giustificazione fantasiosa ma obbligata. Papa deve ammettere di esserci stato, perché sa dal giro di telefonate tra i suoi genitori e i datori di lavoro, che lui è stato riconosciuto e collocato nella casa il 28 febbraio. E lo dice anche perché, solo così potrà giustificare il suo dna trovato sul luogo del delitto”.
E proprio questa è la “prova regina”, il dna di Papa, trovato sotto un’unghia di Annamaria che la difesa ha cercato di smontare. “I Ris hanno dimostrato che è di Papa e che è finito lì per un contatto diretto e violento. Come un graffio. Tutte le ricostruzioni alternative della difesa rimangono mere teorie”.
(Fonte: Redazione Qdpnews.it).
(Foto: Archivio Qdpnews.it).
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