Le giuste parole per raccontare un dolore sono sempre difficili da trovare. Quando oggi alle 15.30 sono cominciate le esequie di Alessandro Sartor, sulle facce di tutti c’era un senso di smarrimento. Non solo la chiesa, ma l’intera piazza era gremita di persone.
Tutti a chiedersi perché proprio Alessandro, perché è capitato proprio a lui? La morte fa parte della vita e non possiamo evitarla. Quando è improvvisa e colpisce persone a noi care però diventa straziante.
Tante lacrime e tanta commozione non riportano in vita “Ale”, ma sicuramente rendono la misura di quanto benvoluto fosse non solo dalla sua comunità, ma da tutte le persone che nella vita hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
Un grande abbraccio collettivo, verso quei genitori che quel maledetto 31 maggio si sono ritrovati ad aver perso il loro unico figlio. Un grande abbraccio agli amici, rimasti orfani di quello che per tutti era un fratello. Nell’omelia il parroco don Adriano Sant ha esordito lanciando un appello forte, rivolto alla comunità con le parole “riacquistiamo il nostro vivere da cristiani”. Partendo dalle letture, ha poi indicato la via del conforto, quel conforto che il parroco vede nella fede, quel conforto che deve arrivare proprio da Alessandro, da quello che lui è stato in vita.
Don Adriano lo ha definito “altruista”, ha parlato di un Alessandro che “ha finito la sua corsa, ma che passa il testimone in una staffetta che tutti devono raccogliere”. Dalla chiesa al cimitero il feretro è stato portato in spalla dagli amici, salutato dal mesto suono delle campane.
Lì, prima della tumulazione i messaggi di addio della Proloco e degli amici, un ultimo affettuoso arrivederci ad Alessandro Sartor da chi gli ha voluto un sacco di bene.
(Fonte: Giancarlo De Luca © Qdpnews.it).
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