“Sergio Papa deve pagare per aver tolto la vita ai miei genitori e l’ergastolo è la giusta pena”. Katiuscia Nicolasi ha la voce rotta dall’emozione mentre commenta la sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha reso definitiva la condanna all’ergastolo per il 38enne di Refrontolo per l’omicidio dei suoi genitori Loris e Annamaria Nicolasi, barbaramente uccisi a colpi di roncola, nella loro villetta di via Marzolle a Cison di Valmarino, la mattina del 1° marzo 2018.
I giudici della Suprema Corte hanno respinto il ricorso presentato dai difensori di Papa, gli avvocati Alessandra Nava e Fabio Crea, confermando così le sentenze di primo grado, emessa nel dicembre 2019 dalla Corte d’Assise del tribunale di Treviso, e di secondo grado emessa dalla Corte d’assise d’appello di Venezia nel novembre 2020.
Un delitto efferato quello dei coniugi Nicolasi. A scoprirlo, quella mattina di inizio marzo era stata proprio Katiuscia quando, rientrando dal lavoro, aveva trovato i corpi martoriati del padre Loris, 72 anni, e della mamma Annamaria di 67. Subito i sospetti si erano concentrati su Papa, che proprio le vittime avevano sorpreso il giorno prima nella loro casa e riconosciuto. Secondo quanto stabilito dal processo, il giorno dopo il 37enne sarebbe tornato e avrebbe brutalmente ucciso la coppia di pensionati. Pochi giorni dopo, mentre cercava di far perdere le sue tracce, il 39enne avrebbe confessato a un pregiudicato marocchino: “L’ho fatto per vedere l’effetto che fa”.
Il 10 marzo 2018 i Carabinieri del nucleo investigativo di Treviso, che hanno svolto le indagini al comando del Ten. Col. Mura e sotto la direzione della locale Procura della Repubblica (Pubblico Ministero Davide Romanelli) lo avevano individuato alla stazione di Mestre e arrestato. Papa non ha mai confessato e ha sempre respinto ogni accusa. A incastrarlo però vari elementi tra i quali il Dna, una traccia del suo profilo genetico ritrovata sotto le unghie di Annamaria. Tracce che, secondo la difesa, sarebbero state frutto di una contaminazione “per trasferimento e non di un contatto diretto”. Ma che invece erano state l’elemento fondante della sentenza di secondo grado per i giudici veneziani che avevano rilevato come questa ipotesi fosse “insussistente” e come quelle tracce e le lesioni riscontrate su Annamaria che “tentò un disperato ed estremo tentativo di difendersi” costituissero invece “l’adeguata dimostrazione della presenza dell’imputato sul luogo dell’investigato duplice delitto”. Per i famigliari questa è l’unica conclusione possibile: “Papa voleva sapere cosa si prova, bene adesso lo sa e per questo pagherà con il carcere a vita” continua Katiuscia che è convinta: “Ha dimostrato di essere una persona spietata e pericolosa che se dovesse essere scarcerata potrebbe ancora fare del male, deve rimanere dentro”.
Katiuscia, il fratello Eddi e i famigliari sono soddisfatti della sentenza che chiude il capitolo giudiziario sull’omicidio: “Riteniamo sia stata fatta giustizia – conclude Katiuscia Nicolasi -. Purtroppo però nessuna sentenza ce li può restituire, e una pena la dobbiamo scontare anche noi che è quella del dolore quotidiano. Un dolore che è difficile da sopportare, ma andiamo avanti nel ricordo dei miei genitori”.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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