La Vallata è un itinerario colmo di storia che ancora oggi, grazie alle memorie presenti nel territorio, si può facilmente narrare. Le chiese, anche quelle più piccole, quasi dimenticate e nascoste nel fitto bosco sono contenitori che proteggono beni straordinari: gli affreschi. Giovedì sera nell’ex chiesetta di San Giorgio a Lago si è svolto un altro incontro della rassegna “Impronta” dal titolo “A passeggio per la Vallata medievale: tra oratori e chiese in compagnia dei santi” con la storica dell’arte Cristina Chiesura.
Risale al periodo medievale la costruzione di molti luoghi di culto nella Vallata. Perché le chiese sono state costruite proprio in quelle zone e intitolate a specifici santi? La Vallata che conosciamo oggi non è sempre stata così. Durante la storia, sono stati due i nomi che ha avuto e che rispecchiavano il suo stato: Valmareno (valle paludosa) e Valsana (valle bonificata). I forestieri venivano a visitare il territorio perché attratti dai due Passi: San Boldo e Praderadego, due porte di rilevanza militare, commerciale e religiosa. Tre cardini che hanno caratterizzato i luoghi di culto e le costruzioni architettoniche presenti oggi nel territorio come il Castelbrando di Cison di Valmarino e l’Abbazia di Follina. Grazie alla costruzione di quest’ultima, fu bonificata la valle , che cambiò successivamente il nome da “Valmareno” a “Valsana”.
La titolazione dei santi
La titolazione dei santi ha una gerarchia precisa: le prime chiese, le più antiche sul nostro territorio (matrici e pievi), e le comunità cristiane primitive sono dedicate a Maria. Successivamente si passa a coloro che sono stati, oltre alla Vergine, a contatto diretto con Cristo: Apostoli, Evangelisti e Giovanni Battista. I luoghi di culto costruiti più recentemente sono stati intitolati invece ai martiri, confessori, padri della Chiesa, dottori e fondatori di ordini.
La Vallata come “culla della religiosità”
La Vallata si può definire la “culla della religiosità”: nei 5 Comuni sono presenti 59 luoghi di culto (40 oratori, 3 santuari, una cappella gentilizia e 15 parrocchiali e arcipretali).
Nelle prime attestazioni degli archivi, nel XII secolo, ci sono 6 chiese, di cui una sicuramente precedente. Nell’insieme ci sono tre intitolazioni alla Vergine (il santuario di Follina, l’arcipretale di Cison di Valmarino e l’oratorio di Lago), due agli apostoli Pietro e Paolo e a Giovanni Battista (l’arcipretale di Valmareno e di Cison di Valmarino) e una a San Tiziano (la parrocchiale di Farrò).
Voltando pagina, nel XIII secolo le 19 nuove chiese furono dedicate ai santi militari e martiri. A San Martino sono state dedicate l’ex parrocchiale di Premaor, la gentilizia di Cison di Valmarino e l’oratorio di Fratta; a San Giorgio la parrocchiale di Lago mentre a San Michele Arcangelo l’oratorio di Serra di Miane e Gai. Cinque luoghi di culto, di cui quattro oratori, sono stati poi dedicati ai santi Gervasio, Protasio, Vito Lorenzo, Felice e Giustina (la parrocchiale di Corbanese, l’oratorio di Cison di Valmarino, Tovena, Valmareno e Soller).
Nel XIV secolo si aggiungono altri 7 luoghi di culto dedicati a 4 apostoli e 2 martiri: l’oratorio di Follina dedicato a San Tommaso, l’oratorio di Sant’Andrea a Resera, la parrocchiale di San Matteo a Revine, l’oratorio di San Pietro a Rive di Tarzo, la parrocchiale di Santo Stefano a Combai e l’oratorio di Santa Lucia a Zuel. L’oratorio di Mura invece è stato intitolato a San Gottardo, patrono dei commercianti.
Nel XV secolo ancora 4 nuovi edifici sacri dedicati: l’oratorio di Follina a San Clemente, di Valmareno ai Santi Filippo e Giacomo, di Visnà a San Vito e di Vergoman a Sant’Antonio Abate. Successivamente si sono aggiunti altri 23 luoghi sacri.
I tesori nascosti nei luoghi di culto
Una chiesetta sfortunata perché teatro di numerosi atti sacrileghi, ma che al suo interno custodisce ancora suggestivi affreschi: in un fitto bosco abbandonato a Follina è presente l’edificio sacro dedicato a San Clemente e San Tomio. Sono stati stanziati dei fondi per frenarne il degrado, testimoniato da vistose crepe.
A Fratta di Tarzo, nella chiesetta di San Martino, è presente un ciclo di affreschi di fine XV secolo, forse di un seguace di Giovanni di Francia che raffigura proprio il santo, accompagnato dall’immancabile cavallo (attualmente nascosto da una finestra). Inoltre, in un altare dei Ghirlanduzzi, c’è la scena del taglio del mantello sia nella pala seicentesca di Silvestro Arnosti che nel paliotto di epoca successiva.
Nell’ex chiesa di San Giorgio a Lago (in copertina) sono presenti due straordinarie opere rappresentative del santo di Francesco da Milano del 1515. Voluta e pensata dalla comunità, è stata inserita anche un’altra rappresentazione ad opera di Annamaria Trevisan del 2017.
A Resera, nella chiesa di Sant’Andrea (chiamata dalla comunità “San Rocco”), ci sono affreschi del XV secolo, pienamente rinascimentali ma, per l’esecuzione, appartenenti al periodo precedente. Inoltre, c’è un’opera settecentesca di Mathias Grempsel raffigurante Sant’Andrea con Sant’Antonio Abate, l’incoronazione della Vergine e ai due lati un santo papa e Sant’Osvaldo, protettore dei cacciatori. All’esterno dell’edificio sacro è presente la raffigurazione di San Rocco in ceramica del 1989 di Luigi Rincicotti.
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