La frazione di Rolle a Cison di Valmarino è celebre anche a livello nazionale: non è raro vederla descritta anche sulle riviste di viaggio e in televisione. Zanzotto la descrisse come “cartolina degli dei” e il termine usato echeggia ancora oggi: la piazza di via Enotria si pone come meta centrale per godere del panorama sulle colline che si distendono lungo la valle.
Da una serie interviste in loco si deduce che di norma i turisti riconoscono soltanto gli elementi ben visibili della zona, come il maestoso albero in cima alla collina. Se conosciuta attraverso la voce di una guida, Rolle può raccontare molte altre storie: non tutti, passando sulla strada, individuano la “Rosada”, ovvero l’antico lavatoio della frazione, dove le donne andavano a lavare i panni e a far abbeverare gli animali.
A pochi chilometri da Rolle esistono però anche Zuel di Qua e Zuel di Là, due località dal nome curioso che contano circa 50 abitanti in tutto. Il termine Zuel deriverebbe dal latino “iugum” ovvero giogo o valico tra le montagne.
La divisione tra di Qua e di Là invece deriva dal fatto che la strada che congiunge Gai a Rolle separa le due metà. Si tratta di borghi silenziosi, nascosti nella boscaglia del crinale della collina e pare chi vi vive sia molto orgoglioso di sottolineare se si riconosce come un “di Qua” o un “di Là”.
A Zuel ci sono molti sentieri che possono essere attraversati a piedi o in mountain bike, come quello proposto nel servizio da NaturalMenteGuide. Parcheggiando l’auto alla chiesetta di Santa Lucia, in quel di Zuel di Qua, è possibile incamminarsi a piedi lungo la strada e trovare un sentiero panoramico che porta a Farrò di Follina. “Consigliamo sempre di farlo in questa stagione – ci tiene a ribadire Paola – perché i colori sono stupendi”.
Il sentiero è caratterizzato dalla presenza di splendidi castagni secolari, che sono stati favoriti dall’uomo in epoca Romana e poi, massivamente, durante il Medioevo. L’incontro con l’oratorio di Sant’Eurosia, che si trova lungo questo percorso, ci ricorda l’onnipresenza della famiglia Brandolini, che nel 1764 aveva voluto questa costruzione come omaggio alla santa, protettrice di messi e del raccolto.
A un certo punto del percorso, il sentiero lineare lungo il castagneto serpeggia attorno a delle doline, ovvero delle depressioni del terreno dovute a un fenomeno carsico.
Quando ci fermiamo a raccogliere le castagne, NaturalMenteGuide ricorda di lasciare il terzo frutto, quello più schiacciato e minuto, che comunque non verrà mangiato: lasciarlo alla foresta è un segno di rispetto e di riconoscenza.
(Fonte: Luca Vecellio © Qdpnews.it).
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