Lo scorso 1° settembre si è tenuta la Giornata per la cura e la custodia del creato, sia a livello nazionale (16a Giornata) sia a livello mondiale (7a Giornata).
Nella diocesi di Vittorio Veneto, a settembre, considerato il “mese del creato”, ci saranno due appuntamenti realizzati di concerto con l’Ufficio missionario e la Caritas. Il primo appuntamento è avvenuto ieri, sabato 4 settembre, a Mansuè, l’altro evento è fissato per domenica 26 settembre a Sacile.
La lettera letta ieri a Mansuè dal vescovo diocesano Corrado Pizziolo ha posto una particolare attenzione in chiave non solo critica ai trattamenti chimici nei vigneti Patrimonio Unesco.
In particolare, monsignor Pizziolo scrive: “Tra le responsabilità sociali che oggi siamo chiamati a riscoprire, sicuramente non possiamo dimenticare quella delle aziende agricole. Sentiamo, infatti, forte nel nostro territorio il richiamo al rispetto dell’ambiente e della salute delle persone, spesso minacciati dall’abuso dei cosiddetti “pesticidi”. Come pure sento urgente richiamare l’attenzione sul tema della preservazione della biodiversità, in un’area in cui la monocoltura (che rischia di diventare “monocultura”, dove non c’è spazio per chi la pensi diversamente) rappresenta un limite di cui tenere conto, tanto per le possibili ricadute economiche quanto per quelle ambientali”.
“Desidero perciò ribadire l’impegno di questa Chiesa ad adoperarsi a sostegno della salute delle persone, della custodia del creato, del primato dell’etica sull’economia – prosegue -. Questa terra, che recentemente ha anche ottenuto un riconoscimento da parte dell’Unesco come “Patrimonio dell’umanità”, merita tutta la nostra dedizione, perché possa essere valorizzata nella sua bellezza e arricchita dal patrimonio di valori che da sempre hanno contraddistinto la nostra gente”.
La lettera del vescovo vittoriese continua con un riferimento specifico alla vicenda del vigneto di Premaor di Miane: “Auspico davvero che relazioni di gratuità capaci di eccedere il semplice criterio della giustizia (una giustizia intesa come rispetto minimo delle leggi) diventino sempre più un paradigma di riferimento, per risolvere sul nascere le difficoltà che possono sorgere, come insegna il noto caso di Premaor. E mentre porto la mia vicinanza alle famiglie di Premaor e a ogni altra realtà che guarda con incertezza al proprio futuro, desidero incoraggiare gli stessi imprenditori agricoli a moltiplicare, quasi come “buona testimonianza”, le molte occasioni in cui, proprio grazie ai buoni rapporti di vicinato, sono stati capaci di coltivare relazioni di cordialità e di reciproca attenzione”.
“Desidero sottolineare un passaggio – che condivido – della Lettera aperta che i sacerdoti e i diaconi dell’Unità pastorale dell’Abbazia (parrocchie dei Comuni di Follina, Miane e Cison di Valmarino) hanno indirizzato qualche settimana fa alle loro comunità – continua Pizziolo -. Essi esprimono preoccupazione per “un clima sociale che appare sempre più segnato da rancore, aggressività, invidia e gelosia, che feriscono e rovinano ulteriormente le relazioni sociali, [… per cui] non basta rispettare semplicemente il dettato di norme o di leggi per sentirci a posto”.
Pizziolo non si limita però a “puntare il dito” verso i comportamenti illeciti e infatti precisa: “Vorrei invitare, però, a non fermarsi soltanto ad uno degli aspetti di una questione più complessa e articolata. L’inquinamento che purtroppo segna il nostro territorio non è soltanto quello dei fitofarmaci di sintesi. Sarebbe miope uno sguardo che non prenda in considerazione l’ancora troppo maggioritario impiego di combustibili fossili; come sarebbe ingiusto chiedere soltanto agli agricoltori sforzi di rinnovamento senza che ciascuno di noi si senta personalmente interpellato a un cambiamento radicale negli stili di vita: ad esempio preferendo l’uso della bicicletta a quello dell’auto, favorendo l’uso di energie rinnovabili, esprimendo il proprio concreto impegno verso forme di economia circolare per un minore spreco di risorse, vivendo con maggiore sobrietà per una riduzione generale dei consumi”.
“Mi preoccupano quindi, nella stessa misura, anche le crescenti forme di ingiustizia sociale, spesso sottaciute, dissimulate o talvolta perfino giustificate: dalle espressioni del caporalato presente anche nelle nostre terre, al lavoro “a nero” in cui spesso sono sfruttati gli immigrati che cercano qui da noi la possibilità di un futuro diverso, alle speculazioni o alle frodi che falsificano la genuinità dei prodotti soltanto in nome di un guadagno più elevato, ma senza tutele per la qualità dei prodotti e, soprattutto, per la salute degli operatori e dei consumatori. Non possiamo arrenderci alla logica dell’ingiustizia per paura, per rassegnazione o per indifferenza!”.
La necessità di favorire il dialogo, dunque, ampliando lo sguardo. Saper risvegliare le coscienze non significa però fare moderne “crociate” che rischiano di diventare ideologiche – puntualizza il vescovo di Vittorio Veneto -. La realtà è sempre complessa e non può essere ridotta ad alcuni aspetti a scapito di altri. Ritengo perciò che debba essere favorita, più complessivamente, una “cultura del dialogo”, in cui le diverse sensibilità si pongano schiettamente a confronto, con verità e carità, alla ricerca di un maggiore bene comune. Mi riferisco, in modo particolare, alle tensioni che talora emergono tra produttori agricoli e movimenti ambientalisti, di cui da diverso tempo si sta occupando anche l’Ufficio diocesano per la pastorale sociale tramite l’iniziativa – che sostengo e incoraggio – del “Tavolo di Dialogo”.
“Aggiungo però un’ulteriore osservazione – afferma Pizziolo – con la stessa onestà intellettuale con cui guardiamo ai necessari passi avanti da compiere nell’ottica della sostenibilità e della riduzione dei “pesticidi” dannosi, dobbiamo anche riconoscere tutti gli sforzi fatti in questi ultimi decenni in àmbito agricolo per favorire la salubrità e la cura degli equilibri ambientali. Così, allo stesso tempo, occorre saper riconoscere il pericolo di estendere sotto forma di pregiudizio un’indifferenziata condanna verso tutti coloro che operano nell’ambito dell’agricoltura”.
“Orgoglioso della mia origine contadina – conclude il vescovo vittoriese -, desidero invece dare voce a quanti vivono il proprio lavoro con trasparenza, onestà, sensibilità e sincera attenzione tanto alla custodia dell’ambiente, quanto alla qualità delle relazioni umane con i propri collaboratori e dipendenti“.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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