Era finita a processo con l’accusa di omicidio colposo, per la morte del padre Urbano Poletto, 93enne asfissiato nell’incendio della sua casa.
Secondo l’accusa sarebbe stata responsabile di quel rogo perché, con la morte del genitore, era diventata proprietaria dell’abitazione di cui lui le aveva ceduto la nuda proprietà, e quindi responsabile di eventuali anomalie all’impianto elettrico.
Ma dopo oltre tre anni da incubo per la figlia Adalgisa Poletto, 61enne insegnante in pensione assistita dall’avvocato Cristiana Polesel, è arrivata l’archiviazione delle accuse.
A chiederla è stato lo stesso pubblico ministero Gabriella Cama quando la perizia disposta sull’incendio, pur avendo rilevato alcune anomalie all’impianto elettrico dell’abitazione, ha accertato: “che non è possibile stabilire correlazioni tra tali anomalie e l’incendio”.
La tragedia si era consumata il 9 marzo del 2018 nella sua casa di via San Rocco a San Martino di Colle Umberto dove il 93enne vedovo, viveva da solo.
Nonostante l’età era infatti autosufficiente e seguito costantemente dai figli che vivevano nelle abitazioni attigue.
A nulla era valsa la corsa di vigili del fuoco e Suem 118, l’anziano era morto per il fumo e le fiamme. A innescare l’incendio potrebbe essere stato lo scaldaletto che l’uomo aveva acceso per riscaldarsi, ma la perizia non è stata in grado di appurarlo.
Per la figlia, tra l’altro anche la prima a cercare di soccorrerlo, era scattata l’accusa di omicidio colposo, per il fatto di possedere l’immobile del quale Urbano Poletto le aveva ceduto la nuda proprietà, pur continuando a viverci come usufruttuario e a occuparsene.
Solo questo l’aveva resa responsabile di eventuali problemi all’impianto elettrico. Problemi che però, secondo i periti, non possono essere imputati come “i responsabili dell’innesco dell’incendio”, motivo per il quale la procura ha chiesto l’archiviazione e il gip Marco Biagetti l’ha accolta.
(Foto: web).
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