Accoglienza delle famiglie ucraine nel territorio: il bilancio di Caritas Conegliano

A circa sei mesi dall’inizio della guerra in Ucraina, l’emergenza non si è fermata. La Caritas, sin da subito in prima linea con la Croce Rossa e la Protezione civile, continua a ricoprire un ruolo centrale nell’accoglienza e integrazione degli sfollati ucraini.

A marzo una prima accoglienza era avvenuta in case private. Delle 260 persone arrivate nel Coneglianese e nel Vittoriese, in maggioranza donne e bambini, una quarantina sono state ospitate in abitazioni messe a disposizione dalla comunità e da enti religiosi. Oltre a reperire un alloggio, i volontari della Caritas hanno garantito beni di prima necessità: impacchettato decine di borse, poi distribuite alle famiglie.

Hanno, inoltre, provveduto ai bisogni essenziali puntando all’integrazione, avviando un corso di prima alfabetizzazione a cui sono seguiti, tramite accordi a livello istituzionale, corsi di lingua italiana di 100 ore organizzati dal Cfpa, rivolti ai maggiorenni.

L’iniziativa ha visto coinvolte 34 persone, la maggior parte delle quali donne, spesso plurilaureate, i cui studi, però, non hanno validità nel nostro Paese. Il percorso va concludendosi la prossima settimana con gli esami per la certificazione della conoscenza della lingua italiana livello A1.

Non ci si è dimenticati nemmeno dei più piccoli: nei mesi scorsi i ragazzi che non seguivano le lezioni da casa in collegamento con gli istituti ucraini sono stati inseriti nelle classi delle scuole del territorio. Per integrarli nel tessuto sociale ci si è rivolti ad associazioni sportive, parrocchie, Grest. “Dobbiamo dire che abbiamo trovato porte aperte dappertutto – riconosce Ugo Bravo, responsabile della Caritas di Conegliano – Addirittura un centro medicina ha offerto visite mediche gratuite per i ragazzi che ne avevano bisogno”.  

Una novità importante, introdotta appositamente per quest’emergenza, è stata la creazione di uno sportello di aiuto per muoversi all’interno delle strutture istituzionali. 

Quel che servirebbe, e tuttora si fa fatica ad offrire, è un servizio di supporto psicologico, sia per le mamme sia per i bambini, perché le ferite della guerra e della condizione di profugo ci sono e sono profonde.

Da questa esperienza la Caritas esce più forte di prima: “Siamo maturati, abbiamo acquistato esperienza, sono arrivati parecchi giovani volontari con molta voglia di fare che hanno sicuramente contribuito al miglioramento di questo servizio” il bilancio di Bravo, sottolineando poi che “ogni emergenza è diversa perché le persone provengono da Paesi diversi con il proprio bagaglio culturale alle spalle”.

La speranza è che possano tornare in Ucraina al più presto, ma qualora così non fosse l’obiettivo sarà trovare un lavoro affinché queste persone diventino autonome e in grado di costruirsi una vita anche qui, seppur lontane dal proprio Paese.

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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