Si sono concluse nel pomeriggio di oggi, intorno alle ore 15:30 di lunedì 19 novembre, le operazioni di recupero dei tre alpinisti bloccati sulla Cima Strugova nelle Alpi Giulie Occidentali in Friuli-Venezia Giulia.
Si tratta di M. P. di Conegliano, T. G. di Vittorio Veneto e R. C. di Santa Lucia di Piave, tutti di età compresa tra i quaranta e i cinquant’anni. Nella giornata di ieri, domenica 18 novembre, gli alpinisti avevano il progetto di risalire la via Kugy alla Strugova, un percorso di 500 metri di dislivello e 1.500 metri di sviluppo e scendere per la via della Vita, ma si sono attardati più del previsto e sono stati colti dal buio e dalla neve.
Sul posto ieri pomeriggio era intervenuta la stazione di Cave del Predil del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, che è rimasta in contatto con i tre per tutta la notte tramite il cellulare, sondando ogni mezz’ora la situazione. Il primo tentativo di raggiungerli, non era andato a buon fine: l’elicottero non poteva essere impiegato a causa della scarsa visibilità, aggravata anche dalla nevicata di ieri.
Oggi le operazioni di soccorso sono invece andate a buon fine: l’ultima ora di discesa è stata la più lunga, a causa della stanchezza dopo la notte passata in bianco alla temperatura dieci gradi sotto lo zero, sia per gli alpinisti che per i soccorritori che sono impegnati da ieri pomeriggio nelle operazioni di recupero.
Trenta i tecnici coinvolti nelle operazioni tra Soccorso Alpino e Speleologico di Cave del Predil e Guardia di Finanza di Sella Nevea e Tolmezzo. Una squadra di quattro tecnici è andata su questa mattina a individuare e recuperare gli alpinisti in tre ore di salita e altre squadre si sono mosse andando loro incontro per recuperare i materiali sulla lunga cresta e per attrezzare una corda fissa per la discesa lungo il canale della Ponza.
La discesa è durata circa cinque ore e mezza. Un soccorso che si è rivelato impegnativo e rischioso a causa delle avverse condizioni meteo e dell’insidioso ghiaccio presente sulla cresta sotto la neve, dove i soccorritori hanno potuto procedere solamente assicurando gli alpinisti con la corda “di conserva”, ovvero senza poter ancorare la stessa corda alla roccia, operazione che comporta in caso di scivolata il rischio di non riuscire a frenare la caduta di entrambi, soccorritore e soccorso.
Una volta arrivati al Rifugio Alpino Zacchi, i tre alpinisti sono stati caricati su un mezzo fuori strada e condotti ai Laghi di Fusine, dove c’erano ad attenderli alcuni parenti. Si è trattato di uno degli interventi più complessi e rischiosi degli ultimi vent’anni per la stazione di Cave del Predil.
(Fonte e foto: Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico).
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