Negli ultimi tempi il nome dell’artista Debora Basei è circolato molto nella zona di Conegliano, dove è nata e tuttora risiede, complice la sua iniziativa delle Art Cover mascherine, ovvero una serie di mascherine raffiguranti le maggiori opere d’arte e gli scorci più suggestivi della città del Cima (qui l’articolo).
Un’iniziativa nata per caso, “per portare un po’ di bellezza” in quelli che sono stati dei giorni bui per tutti, e che ha consentito di raccogliere dei fondi per intervenire a favore delle famiglie in difficoltà, e non solo.
Una passione, quella di Debora Basei, che già si era espressa nel progetto “Ricrearti”, un progetto di formazione nato nel 2006, nell’ambito del quale vengono realizzate delle creazioni personalizzate, recuperando del materiale di scarto, come teloni pubblicitari, juta e cartone, destinato a non essere più utilizzato ma smaltito dalle aziende.
Un progetto che coinvolge le associazioni “Il pesco” di Mogliano Veneto e la “Piccola Comunità” di Conegliano e che è stato riconosciuto come “socialmente utile” dalla Camera di Commercio di Treviso e Belluno.
Di recente, inoltre, Debora Basei è stata nominata responsabile creativo e culturale della storica associazione “Contrada Granda” di Conegliano, città dove l’artista collabora con l’amministrazione comunale e diverse realtà.
Debora Basei, pertanto, è un’artista poliedrica, che è riuscita a tradurre la propria passione in una professione, tracciando un percorso lavorativo soggetto a continui sviluppi creativi.
Ma qual è la storia dell’artista che le ha consentito di arrivare fino a questo punto? C’è speranza per i giovani che desiderano crearsi un futuro in questo campo? Quesiti a cui Debora Basei ha risposto, facendo trasparire tutto il proprio entusiasmo per quanto fatto e, soprattutto, per ciò che ancora l’attende.
Come è iniziato questo percorso artistico?
Non ho mai smesso di studiare e inizialmente lavoravo in un’agenzia di comunicazione a contatto con le aziende, cosa che mi ha aiutato molto per quello che sarebbe arrivato dopo, in quanto ho avuto l’opportunità di vedere tutto il processo di origine del prodotto. Poi a 28 anni è mancato mio padre, un uomo che aveva un grande rispetto per la vita e che, prima di lasciarmi, mi ha detto di essere stato molto contento della sua vita e di aver sempre cercato di essere se stesso. Da lì mi sono chiesta se anche io fossi soddisfatta di ciò che avevo e, così, ho messo in discussione tutto il mio percorso. Mi sono avvicinata al movimento artistico del dadaismo – da qui il mio soprannome “Dada Debora” – che rifiutava ogni standard artistico. Da lì ho iniziato letteralmente a smontare gli oggetti, reinventandone di nuovi, un’iniziativa che ho condiviso circa 10 anni fa con l’associazione “Piccola Comunità” di Conegliano. Abbiamo realizzato buste e borse con dei quotidiani, ricevendo addirittura dalla “Gazzetta dello Sport” il compito di creare una borsa per il Giro d’Italia: i ragazzi erano davvero motivati.
Qual è il significato che racchiude questo tuo progetto?
Io penso che il destino sia tutto da creare: quando reinventi un oggetto trasferisci in esso una parte di te. Gli oggetti sono davvero pieni di contenuti. C’è un legame tra fare questo e l’idea di realizzazione personale: penso che possa essere utile comprendere tale concetto, altrimenti si rischia di essere insoddisfatti e di riversare il proprio stato d’animo sugli altri.
Poi, come è proseguito il tuo percorso lavorativo?
Nel 2014 un’agenzia di corsi mi ha chiesto di collaborare per proporre delle attività a delle persone inoccupate, che necessitavano di uno stimolo. Abbiamo davvero cucito qualsiasi materiale a quell’epoca. Ho lavorato con l’istituto Gris di Mogliano Veneto, collaborato con varie aziende – tra cui la Dotto Train, Axa assicurazioni, Bergamasca calcio, Dersut Caffé, Amorim Cork, Assindustria Veneto Centro, Fincantieri – e con associazioni come “Il pesco” di Mogliano Veneto, il cui nome richiama l’idea di tanti rami, uno dei quali è proprio il progetto “Ricrearti”. Mi piace mettere insieme e condividere tutte le risorse per il territorio e non solo, dato che lavoro con aziende anche di Milano, mentre i laboratori sono fissi a Mogliano e a Conegliano. Faccio tutto con consapevolezza e credo fortemente nel territorio, per questo mi presto a iniziative in apparenza diverse tra loro, come l’ideazione del “Gioco dell’oca” di Conegliano o l’impegno per la manifestazione “Conegliano città pulita”, ma che in realtà sono tutte legate tra loro, ovvero da un profondo rispetto per lo stesso territorio.
Che consigli ti sentiresti di dare a un giovane che desiderasse fare della propria passione artistica una professione?
Non bisogna perdere l’entusiasmo e non deve essere perso di vista il proprio futuro. Non bisogna mollare mai e ci si deve aspettare di tutto, rielaborando le cose negative. Inoltre, credo che non si debba mai smettere di osservare, sperimentare, di ricercare e visualizzare il proprio obiettivo finito. Se capita qualcosa, significa che ci deve dare un insegnamento. Non è semplice, lo so, però è necessario fare in modo di creare qualcosa che sia riconoscibile, poi prima o dopo arriverà qualcuno che ci capirà. Siamo tutti un po’ artisti nei nostri campi di lavoro e, quindi, dobbiamo essere degli sperimentatori. La vita è un’opera d’arte, la vita è creatività.
(Fonte: Arianna Ceschin © Qdpnews.it)
(Foto: per gentile concessione di Debora Basei).
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