Ci sono angoli ed edifici della città di Conegliano, che racchiudono un patrimonio storico-artistico prezioso e non conosciuto da tutti.
E in molti ieri sera hanno voluto ascoltare la vicenda che circonda l’edificio del Monte di Pietà, oggi hotel Canon d’Oro, situato in via XX Settembre, nel cuore del centro storico, a giudicare dal “tutto esaurito” che ha visto la presentazione del volume “Da Monte di Pietà a Canon d’Oro. 500 anni di storia”, scritto “a quattro mani” dalla giornalista Chiara Dall’Armellina e dalla guida turistica Laura Pasin.
Un volume che ha tratteggiato le varie tappe vissute dall’edificio (e oggi hotel gestito dalla famiglia Capraro), grazie anche a un’approfondita ricerca di archivio.
“Quest’anno ricorrono i 500 anni degli affreschi del Monte di Pietà, quindi abbiamo pensato di recuperare storie e aneddoti – ha spiegato Federico Capraro dell’hotel Canon d’Oro, nonchè nome noto di Confcommercio e dell’Associazione per il Patrimonio delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene Unesco – Un edificio che per 300 anni ha svolto il ruolo di Monte di Pietà e per altri 200 quello di luogo di accoglienza e di antica locanda: uno spazio, quindi, da sempre animato dallo spirito di servizio e contraddistinto dal legame con il territorio”.
Il libro è frutto di un progetto condiviso tra Comune e Rotary Club Conegliano, con il patrocinio della Regione Veneto e della stessa Associazione per il Patrimonio delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene Unesco.
La presentazione si è tenuta nell’aula magna “Renato Sartor” dell’ex convento di San Francesco, a Conegliano, alla presenza delle autrici, di Carlo e Federico Capraro, del sindaco Fabio Chies, del presidente del Rotary Club Gianni Breda, del consigliere regionale Alberto Villanova, dalla presidente dell’Associazione per il Patrimonio delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene Unesco Marina Montedoro.
L’incontro è stato moderato da Marco Ceotto.
“Un ringraziamento va a tutti voi – ha detto il sindaco Chies, rivolgendosi alla famiglia Capraro – Grazie per quanto fate con la vostra famiglia”.
“Queste sono le famiglie che portano valore, con progetti che sposano il nostro territorio”, ha detto Montedoro, mentre Villanova ha ricordato l’impegno dimostrato finora nel raccontare le nostre zone, anche tramite il titolo Unesco.
“Per una città è importante godere del proprio patrimonio artistico: speriamo che questo Monte di Pietà ci aiuti per qualcos’altro in questa via XX Settembre”, ha detto Breda, facendo intendere che, tramite il Rotary, un altro progetto ‘bolle in pentola’.
Da parte sua, Carlo Capraro ha chiarito che si tratta di una “struttura fragile e meritevole di attenzioni”, anche economiche.
La storia del Monte di Pietà
Come è nato il Monte di Pietà nella città di Conegliano? Secondo la ricostruzione storica fornita da Chiara Dall’Armellina e Laura Pasin, l’idea nacque nella seconda metà del Quattrocento, per aiutare la popolazione in difficoltà e segnata dagli usurai, che proponevano tassi di interesse troppo elevati.
Un’iniziativa possibile grazie al fatto che la città vedeva nel suo tessuto sociale diverse comunità monastiche e realtà religiose, consapevoli dei problemi che affliggevano le persone bisognose.
Fu un’intuizione nata a scopo benefico. Il Monte di Pietà presupponeva la possibilità di impegnare degli oggetti di valore, in cambio di denaro: la gente aveva tempo un anno per riscattare l’oggetto in questione, in caso contrario veniva destinato all’asta.
Il Monte di Pietà potè aprire i battenti soltanto nel 1504, dopo un decennio di gestazione burocratica e grazie alla Confraternita dei Battuti, da sempre predisposti alla carità.
L’obiettivo era quello di contrastare l’usura dai prezzi troppo elevati, fino al 1547, quando venne vietato il prestito in città, favorendo il ruolo del Monte di Pietà.
Durante l’epoca napoleonica (che portò con sè l’abolizione degli ordini religiosi), i beni passarono al demanio: “Non è facile ricostruire questa storia, perché il Monte di Pietà si trasferì in diversi punti della città – hanno spiegato Pasin e Dall’Armellina – La maggior parte dei Monti di Pietà confluirono negli istituti bancari, con il microcredito: nel caso di quello coneglianese, è difficile capire dove ciò avvenne”.
“Per i 200 anni successivi l’edificio fu animato da uno spirito di servizio e da uno scambio continuo con il territorio, proseguito nel tempo e oggi instaurato anche con i turisti”, ha sottolineato Federico Capraro.
(Autore: Arianna Ceschin)
(Foto e video: Arianna Ceschin)
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