“Donne di ieri e di oggi tra le vie di Conegliano” è il nome dato alla galleria di profili femminili che, nella serata di ieri, martedì 8 marzo, il gruppo dei “Lettori di strada” ha voluto offrire, in collaborazione con la biblioteca comunale, in occasione della Festa della Donna.
Un secondo appuntamento con quelle “letture itineranti” già sperimentate lo scorso 22 gennaio (vedi articolo), che stavolta hanno voluto dare spazio, e parola, alle figure femminili che, in un modo o nell’altro, sono state legate alla città.
La passeggiata è partita dal chiostro dell’ex convento di San Francesco ed è proseguita per tutto il centro storico, con nove tappe, ognuna delle quali accompagnate dalla vicenda di queste donne appartenenti a epoche diverse.
I racconti sono stati riproposti in prima persona, come se ogni protagonista raccontasse da sola il proprio vissuto, tramite la voce dei vari “lettori di strada” che si sono alternati.
L’evento, gratuito e con obbligo di prenotazione, ha raccolto un nutrito gruppo di partecipanti, tra cui anche l’assessore alla Cultura del Comune di Conegliano Chiara Piccoli.
A inaugurare il percorso è stata Dina Orsi (a cui l’auditorium di Parè è intitolato). Dina Orsi (1907-1967), figlia di una nobildonna e di un ufficiale, è stata inoltre la nipote del primo sindaco di Conegliano.
Crocerossina in Africa, la sua profonda fede la porta alla consacrazione nel 1945. Fonda dei centri per sostenere la formazione delle operaie e il convento “Oasi Santa Chiara” nel 1964, esperienze che associa all’impegno nella politica e nel sostegno ai minori, tanto da proporre nel 1965 la creazione di un centro di riabilitazione per minori e adolescenti con disabilità: è così che a Costa prende avvio l’esperienza della sede coneglianese della Nostra Famiglia.
La sua storia di impegno è seguita da una seconda tappa dal tenore diverso, ovvero il racconto riguardante l’ultima maîtresse (che è tra l’altro il titolo del volume scritto da Cecilia Talamini, autrice presente ieri sera): una vicenda che ha preso voce di fronte all’edificio situato in via Teatro Vecchio 9, ovvero il vecchio bordello cittadino.
Lì è stata ripercorsa la storia a ridosso dell’entrata in vigore della legge Merlin nel 1958, che imponeva la chiusura definitiva dei postriboli e l’abolizione della prostituzione legalizzata in Italia.
Un momento storico rivissuto anche tramite una lettera del 1949, tra le tante inviate alla senatrice Lina Merlin, dove emerge la disperazione di chi si trovava costretta “a fare la vita”: “possiamo tornare persone civili”, “per quanto dovremo sopportare questa vergogna?”, “è mille volte meglio fare la fame”, “vogliamo tornare a essere donne come le altre”, sono alcune delle espressioni emerse dalla missiva letta ieri sera, colma di disperazione.
La disperazione ha lasciato spazio allo scenario della prima Guerra mondiale, con Angelina Casagrande, maestra coneglianese che, nell’oscurità del conflitto di quegli anni, non smise mai di nutrire la speranza di rinascita per la città, trasmettendola ai propri scolari.
Il percorso si è poi allungato fino a via Lazzarin dove, all’interno del pianoterra di una casa privata, sono conservati i resti dell’antico monastero, dove visse tra Quattrocento e Cinquecento Domicilla Ricchieri, esponente di una nobile famiglia di Pordenone, poi divenuta monaca, per volere della famiglia stessa, e infine badessa del monastero di Conegliano.
Lì visse in penitenza e divenne protagonista di fenomeni mistici, tanto da diventare “beata”. Il monastero venne distrutto in epoca napoleonica, ma ancora oggi sono stati conservati degli stralci di antiche mura, un soffitto travato e un antico camino.
Una città nella quale ha vissuto anche Laura Da Re, poetessa locale deceduta nel 2015 all’età di 66 anni i cui versi, letti alla presenza del figlio, hanno testimoniato l’amore nutrito per Conegliano.
Proprio nella sua Conegliano ieri sera hanno riecheggiato i passi ripresi dalle liriche “Il materasso di foglie secche”, un omaggio alle vecchie usanze e di riflesso all’amata nonna, e “Alla mia Conegliano”, rappresentata nella sua immagine di città “industriosa come un nido d’api”.
Ma Conegliano vanta tra le sue donne del passato anche il genio della pianista Erminia Foltran Carpenè (1876-1972), concertista e insegnante nella sua scuola di musica al civico 65 di corso Vittorio Emanuele II.
Figlia della pianista Antonietta Di Gaspero e dell’ingegnere, oltre che docente dell’Università di Pisa, Giuseppe Carpenè, da piccola manifesta le proprie abilità musicali, tanto da essere iscritta a soli sette anni al Conservatorio di Venezia.
Lì la “bambina prodigio” diverrà allieva di Francesco Giarda, amico di Verdi e maestro della regina Margherita di Savoia, tramite il quale Erminia potrà conoscere grandi nomi della musica come Giuseppe Verdi, Franz Liszt e Richard Wagner. Prenderà quindi avvio la sua carriera da concertista, tanto che suonerà di fronte a personaggi noti come Gabriele D’Annunzio ed Eleonora Duse.
Durante il primo Conflitto mondiale sarà costretta a rifugiarsi a Milano, dove incontrerà il marito Antonio Foltran. Nel frattempo, nel 1914, a Conegliano aveva fondato la propria scuola di musica e l’insegnamento sarà un’altra attività per lei prevalente: saranno più di mille gli allievi da lei seguiti, di cui 150 si diplomeranno al Conservatorio. Preparerà le ultime allieve per il diploma alla veneranda età di 94 anni. Una passione, quella per la musica, che l’accompagnerà fino agli ultimi giorni.
Il percorso si è infine concluso con due figure di donna che, anche se non strettamente legate a Conegliano, hanno incarnato dei concetti che ben si sposano con alcuni angoli-simbolo della città: si tratta della pittrice Artemisia Gentileschi (1593-1656) e della prima scrittrice Christine De Pizan (1364-1430).
Nel primo caso, vicino alla panchina rossa situata nelle vicinanze di Porta Dante, è stata ricordata la sua tenacia nel denunciare e ribellarsi alle ripetute violenze sessuali subite, ma anche per essere stata la prima donna a essere ammessa all’Accademia delle arti del disegno a Firenze.
La vicenda di Christine De Pizan, invece, è stata ripercorsa nel punto di partenza dell’itinerario, ovvero il chiostro dell’ex convento di San Francesco, esso stesso luogo di cultura, quella cultura che ha rappresentato la prima scrittrice di professione in Italia che, a soli 25 anni, rimase vedova con tre figli e una madre a cui badare, e impegnata nel riscuotere in tribunale i vari crediti di famiglia.
Due figure che hanno chiuso un percorso tutto al femminile, costituito da una galleria di donne legate tra loro dalla tenacia ma anche dalle difficoltà vissute nelle proprie epoche.
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