L’8 marzo è l’occasione propizia per ricordare quelle donne che, sfidando le convenzioni sociali del proprio tempo, portarono avanti i propri ideali, facendo affidamento soltanto sulle proprie convinzioni.
Figure che possono essere trovate senza allontanarsi troppo dai propri centri e dal territorio locale: è il caso di Maddalena Montalban Comello, profilo di spicco del periodo risorgimentale, appartenente a una delle famiglie più importanti della città di Conegliano.
La sua vicenda personale si intrecciò a quella dei grandi patrioti di quel tempo e di Giuseppe Garibaldi, del quale finanziò l’impresa.
Una storia di cui Conegliano porta ancora i segni, tra varie iscrizioni e i due palazzi Montalban, entrambi situati nella storica via XX Settembre (quest’ultima una denominazione che è un chiaro riferimento alla data della Breccia di Porta Pia).
Un viaggio nella Conegliano risorgimentale e alla riscoperta della figura di Maddalena Montalban Comello, grazie anche alla collaborazione con Laura Pasin, guida turistica appassionata della città.
La Conegliano risorgimentale
Come ha spiegato Laura Pasin, ci sono vari segni che la città porta in riferimento a quel periodo storico: dalla già citata via XX Settembre fino alle torricelle di Dante (poste all’ingresso della via stessa) costruite nel 1865 (sotto la dominazione austriaca), con un riferimento al sommo poeta che, in realtà, voleva essere un richiamo all’italianità del popolo.
Per non parlare di villa Gera Sinopoli, voluta da Bartolomeo Gera e visibile ai piedi del castello di Conegliano, dove soggiornò lo stesso Garibaldi e luogo in cui gli affreschi interni furono concepiti come un messaggio antiaustriaco.
Senza dimenticare poi piazzetta 18 luglio 1866, posta in cima alla Scalinata degli Alpini, dove la sua denominazione richiama la data in cui il Veneto entrò nel Regno d’Italia.
Sulla facciata di palazzo Gera-Minucci, in via Cavour, una targa ricorda come il 5 marzo 1967 Garibaldi si espose da quel verone per parlare alla popolazione.
Un reticolato di riferimenti, storico-toponomastici, che rimanda quindi a un grande capitolo di storia che coinvolse anche la città del Cima.
La storia di Maddalena Montalban Comello
Maddalena Montalban (1820-1869) apparteneva a una delle famiglie più importanti e antiche della città, che affondava le proprie radici addirittura nell’epoca di Carlo Magno.
Una famiglia, quella dei Montalban, che si dimostrò intenta a crescere i giovani rampolli all’insegna dei valori risorgimentali.
Una targa in centro storico ricorda questa figura di donna: è leggibile sotto alla loggia del municipio e fu lì posizionata nel 2011, per volontà del club Soroptimist Conegliano-Vittorio Veneto.
Sono invece due i palazzi della famiglia Montalban visibili in via XX Settembre: il cosiddetto “palazzo vecchio”, risalente al Cinquecento e situato poco distante dalla sede municipale di piazza Cima, e quello “nuovo”, collocato dall’altro lato della strada, un edificio che ospitò addirittura Napoleone Bonaparte verso la fine del Settecento.
Questa famiglia, assieme a quella dei Papadopoli con cui c’era una parentela, contribuì a finanziare l’impresa garibaldina.
Maddalena visse quindi in piena atmosfera risorgimentale, che continuò a respirare anche una volta sposata con Angelo Comello, con il quale andò a vivere a Venezia, diventando così protagonista del 1848 veneziano: anche la famiglia del marito, così come quella di origine, aspirava all’indipendenza dall’Austria.
In quel periodo Maddalena divenne presidente del comitato della Pia società delle donne veneziane, un organo impegnato nell’organizzazione dell’assistenza e cura dei soldati feriti in battaglia, assieme all’approvvigionamento di brande, farmaci e bende.
Il palazzo veneziano di San Canciano, che aveva con il marito, divenne una sorta di ospedale per i feriti e un luogo di resistenza durante la fase risorgimentale: un esempio singolare è il caso di un generale il quale, per ringraziare dell’ospitalità ricevuta, donò alla Montalban il suo braccio amputato che aveva fatto imbalsamare.
Da ricordare anche il tentativo di Maddalena di formare un battaglione armato, composto da sole donne: un progetto che non fu possibile realizzare, in quanto non accettato anche dalle menti più progressiste del tempo.
Fu così che Maddalena, in una lettera a Garibaldi, espresse tutto il proprio sentire: “Il destino mi fece torto di essere donna, perché il nostro sesso è pieno di schiavitù”, furono le parole da lei utilizzate.
Continuò a mantenere i rapporti con i patrioti e con lo stesso Garibaldi, di cui finanziò l’impresa risorgimentale. Partecipò anche alla veglia funebre di Cavour che si tenne alla Basilica di San Marco: le truppe austriache fecero irruzione all’interno e di fronte a lei si prospettò una duplice scelta, o quella di pagare un’ammenda per quella partecipazione o finire in carcere.
Scelse la seconda opzione, fedele ai propri ideali e fu così che passò del tempo in detenzione, finendo anche nel carcere della Giudecca. Periodo di cui portò i segni, in quanto nel 1869 morì per gli effetti sulla sua salute provocati da quel periodo da prigioniera.
Maddalena Montalban fu l’unica donna dell’epoca a finire nella lista delle persone considerate più pericolose e quindi da allontanare da Venezia, redatta da un generale dell’Impero austriaco, e questa la dice lunga sul suo contributo alla causa risorgimentale.
Una figura di donna, quindi, la cui storia contribuisce a gettare luce su quella che fu l’atmosfera respirata anche a Conegliano durante il Risorgimento. Un profilo storico che oggi, in occasione della Festa della donna, aiuta a riflettere sull’impegno di coloro che, nei secoli, cercarono di imporsi e di ricavare dello spazio in società per l’universo femminile.
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