Il problema dei bambini soldato è una questione che non sta affliggendo solamente le aree più critiche del continente africano, ma si starebbe verificando anche con il conflitto russo-ucraino: tale concetto è emerso nel corso di un incontro organizzato nell’ambito del Festival Italo-marocchino, appuntamento tenutosi oggi, giovedì 13 ottobre, nell’aula magna dell’ex convento di San Francesco a Conegliano.
Il dialogo, moderato da Annalisa Milani (osservatrice Ue), ha visto anche la presenza del console del Marocco Chafuq Cherchoui e di Rossana Rodà, presidente dell’agenzia United Ecosoc, mentre l’assessore Yuri Dario ha portato i saluti in rappresentanza del Comune di Conegliano: tutti ospiti che hanno definito l’iniziativa “un festival per la pace e la fraternità, con delle finalità umane”.
“C’è bisogno di fraternità e umanità, pensando ai bambini. L’importante è ricordarsi di loro e investire in cultura. Il periodo è difficile per tutti a causa della guerra, quindi è necessario essere più solidali, più etici” è stato più volte ripetuto in sala.
Secondo quanto emerso, in particolare, dalla relazione di Matteo Dominici (rappresentante della Nazioni Unite di Ginevra), i “bambini soldato” sono coloro che vengono costretti con la forza a diventare dei combattenti.
Si tratta di un fenomeno tutt’altro che circoscritto, considerati i numeri registrati in relazione al fenomeno: se nel 1990 era meno del 5% il volume di bimbi soldato, tale percentuale è cresciuta negli anni, fino al 14% attuale.
Una percentuale che fotografa una situazione che coinvolge circa 250 mila bambini in 30 Paesi del mondo, mentre sono in tutto 450 milioni i minori che nel panorama internazionale rischiano di essere arruolati.
Esposti a violenze o testimoni di soprusi, spesso vengono picchiati e drogati per far sì che sia assicurata la loro piena sottomissione, ma ci sono anche dei casi in cui la povertà spinge questi bimbi a scegliere di arruolarsi, come la volontà di difendere il proprio territorio attaccato.
Alla luce di ciò, nel novembre del 2017 in Canada sono stati lanciati i “17 principi di Vancouver”, i quali consistono in un insieme di impegni politici proprio sul tema dei bambini soldato, che si prefiggono, tra le varie cose, l’obiettivo di impedire il loro reclutamento. Impegni politici che hanno visto ben 100 Stati firmatari, tra cui il Marocco.
Ma cosa si può fare per bloccare questo fenomeno sociale? Alla domanda posta nel corso dell’incontro è stata anche fornita una risposta, ovvero “bloccare la congiuntura di diversi meccanismi” come la povertà, la mancanza di sviluppo di un territorio provocata da una guerra di logoramento, la necessità del disarmo.
Oltre a ciò, è inoltre necessario lavorare sul fronte dell’economia, dell’istruzione, favorendo delle inchieste in tema di crimini contro l’infanzia e istituendo delle vere e proprie commissioni internazionali, che fungano da collegamento tra i vari Stati.
“Bloccare la catena di meccanismi che porta al fenomeno dei bambini soldato” e reinserire nel contesto sociale gli stessi minori che hanno vissuto tale esperienza è la chiave suggerita stamane perché, secondo i dati registrati, il fenomeno non è circoscritto in un unico Stato o area del mondo.
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