“Qui abitava Maria Sara Rosenthal. Nata nel 1880. Arrestata il 5 novembre 1944. Deportata. Assassinata”: poche parole per ricordare la tragedia umana di cui è stata vittima Maria Sara Rosenthal, veneziana di religione ebraica, trapiantata a Conegliano e poi deportata.
Sposatasi con il violinista Guido Bon, negli anni Venti del secolo scorso la coppia si trasferì da Venezia alla città del Cima, insieme al figlio Bruno (anch’esso violinista e nato il 15 maggio 1906). La famiglia abitava al terzo piano del palazzo situato di fronte al Duomo, in via XX Settembre: lo stesso stabile in cui abitava anche il parroco nel tempo.
Guido Bon morì il 5 giugno 1941, dopo aver ricevuto il battesimo prima della morte e Maria Sara venne nascosta nella residenza per anziani Casa Fenzi, sotto il falso nome di Maria Boni, dove riuscì a sfuggire solo per qualche tempo alla furia nazifascista e alle deportazioni. In quel periodo, infatti, il prefetto di Treviso aveva fatto redigere una lista di 400 nomi di persone, di religione ebraica, che dovevano essere rintracciate.
E proprio Maria Sara Rosenthal venne purtroppo trovata, arrestata e, quindi, deportata, senza fare più ritorno a casa. Ci sono ancora molti buchi neri storici in merito alla vicenda della sua deportazione.
La posa della pietra d’inciampo


Questa storia di vita oggi pomeriggio è stata ricordata tramite la posa di una pietra d’inciampo in città, proprio ai piedi del palazzo in cui abitava la signora, di fronte al Duomo della città, in via XX Settembre.
Un’iniziativa organizzata dal Centro coneglianese di Storia e Archeologia, con il patrocinio del Comune di Conegliano e il supporto della Comunità Ebraica di Venezia.
Come è emerso, si tratta della prima pietra d’inciampo, a cui ne seguiranno delle altre.
Da ricordare che a Conegliano il ghetto ebraico sorgeva in via Caronelli, a pochi passi dalla stessa via XX Settembre.
La città aveva anche una sinagoga, i cui arredi interni originali sono ora conservati in una delle sinagoghe attive a Gerusalemme.


Da non dimenticare, inoltre, l’antico cimitero ebraico in viale Gorizia, che lo stesso Centro coneglianese apre al pubblico, con tanto di guida storica, il mattino di ogni prima domenica del mese.
Tante le presenze a questa cerimonia così significativa: il sindaco Fabio Chies, con assessori e consiglieri vari, alcuni consiglieri di opposizione, il prefetto di Treviso Angelo Sidoti, la consigliera provinciale Paola Chies, il consigliere della Comunità Ebraica di Venezia Daniele Radzik, il presidente della Sezione Ana di Conegliano Francesco Botteon con alcune Penne Nere, il presidente del Centro coneglianese di Storia e Archeologia Silvano Armellin.
E ancora, il vicequestore e commissario della Polizia di Stato Vincenzo Zonno, il Maggiore e Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Conegliano Gianluca Muscatello, rappresentanti della Guardia di Finanza, dei Vigili del Fuoco di Conegliano, dell’Arma Aeronautica, degli Artiglieri e dei Bersaglieri di Conegliano.
Non sono mancati il presidente dell’Anpi di Conegliano Omar Lapecia Bis e neppure i rappresentanti dell’Associazione nazionale ex internati.
“Questo è un ‘inciampo culturale’, che ci fa ricordare quanto è successo – la premessa di Sidoti -. Le vicende dell’Ucraina e della Palestina dimostrano che non abbiamo imparato molto: l’invito è quello di portare avanti la memoria e le riflessioni”.
“Grazie per aver contribuito a una giornata destinata a rimanere nella storia della città – le parole del sindaco Chies -. C’è chi vorrebbe negare quanto avvenuto o dire che non è stato così grave, ma il ricordo di quanto accaduto deve invece rimanere solido e stabile”.
“Una storia che indica come girarci dall’altra parte significa dare ragione a ciò che sta accadendo” ha aggiunto.


“La comunità ebraica ha portato tanta storia a Conegliano – ha detto Armellin, ricordando che il primo sindaco della città dopo l’Unità, Marco Grassini, fu di religione ebraica -. Quello di oggi è un segno di riconoscimento molto grande: è come augurarle un ‘bentornato a casa’“.
Il consigliere Radzik si è invece soffermato a riflettere sulla vicenda di coloro che, all’epoca, non fecero nulla “per evitare che vicende di violenza si verificassero”.
“C’è un aumento esponenziale di atti antisemiti in Italia: nell’ultimo anno sono stati 800, di cui 150 aggressioni fisiche – ha osservato -. Bisogna lottare, per evitare che ci siano soprusi che sfociano in atti ancora più gravi”.
Dopo lo svelamento della pietra di inciampo, la cerimonia ha visto un momento di ricostruzione storica in sala consiliare, in municipio, con i relatori Laura Pasin, Francesca Meneghetti e Pier Vittorio Pucci.
(Autrice: Arianna Ceschin)
(Foto e video: Arianna Ceschin)
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