“La fotografia è uno stile di vita”: Steve McCurry protagonista sul palco dell’Accademia

“La fotografia è uno stile di vita”: è questo il messaggio lanciato ieri sera, sul palco del Teatro Accademia di Conegliano, da Steve McCurry, leggendario fotografo statunitense, che ha fatto della spontaneità e della suggestione dei propri scatti un autentico “marchio di fabbrica”.

Steve McCurry

Dopo “Icons”, la mostra di successo “andata in scena” nel 2022 a Palazzo Sarcinelli, la fotografia di McCurry è tornata a essere protagonista nella città del Cima, stavolta con un “dialogo con l’autore” promosso dall’associazione Inquadra.

Organizzazione, che è stata possibile anche grazie a una cordata di sponsor, che sono stati ricordati ieri sera sul palco, ovvero Banca Prealpi SanBiagio, associazione NoiXNoi, gruppo Turatti, Cantina di Conegliano-Vittorio Veneto e Casarsa sac, LGi fotovoltaico, Duca di Dolle, Vivaio La Federa, NutrigeniMed, Gruppo Cifra, Jekko.

L’arrivo del fotografo è stato accolto da un pubblico di ben 800 spettatori in sala, senza contare gli altri 800 che avrebbero voluto essere presenti, ma non sono riusciti a prenotare in tempo.

A introdurre la serata è stato Andrea Armellin, presidente dell’associazione, il quale ha ricordato il lavoro svolto dai volontari e ringraziato l’amministrazione comunale e gli sponsor per il sostegno.

Il sindaco Fabio Chies ha spiegato come fosse stata fortemente voluta quella mostra di McCurry in città, evidenziando la crescita dell’associazione Inquadra. Il vicepresidente di Banca Prealpi SanBiagio, Flavio Salvador, ha invece ringraziato tutti coloro che si sono prodigati per la promozione di eventi legati alla cultura (foto sotto).

A tu per tu con il maestro della fotografia

Ironico, appassionato del proprio lavoro, grintoso e consapevole del successo ottenuto: potrebbe essere questo il ritratto che meglio “inquadra” le caratteristiche di Steve McCurry, il quale ha dialogato ieri sera con Eolo Perfido, fotografo e moderatore della serata, con il supporto di una traduttrice.

“Da giovane, inizialmente, avevo pensato di lavorare nel cinema – così ha esordito Steve McCurry -. Durante i corsi di cinema ho scelto di frequentare le lezioni di fotografia e ho capito che avevo una certa attenzione per il racconto tramite le immagini”.

Da lì i viaggi alla scoperta di questa passione, in Europa, tra un lavoretto e l’altro per mantenersi, ma anche in Africa e America centrale: “Ho capito che volevo viaggiare e fare il fotografo – ha raccontato -. Il viaggio in India, durato due anni, è stato quello più importante, ma anche quello in Afghanistan, dove le persone hanno accettato di raccontare le loro storie”.

“Ho fotografato prima in bianco e nero e, poi, a colori – ha aggiunto -. Ho vinto diversi premi e questo mi ha permesso di lavorare, fare ulteriori viaggi e vivere diverse esperienze”.

McCurry ha poi aperto una parentesi sul tema del fotogiornalismo e sui cambiamenti che il settore ha attraversato negli anni: “Ho lavorato per riviste e giornali per oltre 25 anni. Ora ci sono meno soldi e per me è diventato un lavoro noioso: sono più interessato ad altre cose”.

Quale filosofia si cela dietro alle sue immagini? 

Cerco sempre ritmo e armonia nelle foto, poi l’immaginazione delle persone ci riconosce delle storie dietro – ha risposto, ricordando di aver nel suo curriculum professionale quasi una ventina di libri, alcuni incentrati su delle tematiche specifiche e altri dai contenuti più casuali -. Credo sia difficile prevedere come sarà la foto, ma l’importante è che arrivi dal cuore”.

“Sono sempre rimasto affascinato dalle persone e dal loro comportamento: mi piace vedere le persone che mi guardano negli occhi – ha proseguito -. Ogni immagine sembra non avere una storia, ma dipende dall’osservatore: la cosa più significativa dell’arte è che a un’immagine possiamo attribuire un significato”.

Qual è il successo del lavoro di McCurry? “Sono convinto che derivi dal lavoro duro e dal fatto di cercare sempre vie e modi differenti per svolgere la mia professione – ha dichiarato -. Quindi ci vuole dedizione, perseveranza e poi fare tutti i tentativi possibili, affrontando le delusioni e gli insuccessi, mantenendo un atteggiamento positivo”.

“Quando cercavo di vivere di fotografia, inizialmente era per me importante fare soldi e poi scattare le foto che mi piacevano, ora è il contrario: mi interessa lasciare un valore e un ricordo nelle persone” ha aggiunto.

Anche la fotografia, come altri settori, ha dovuto affrontare i vari cambiamenti portati dalle nuove tecnologie: in questo caso il passaggio dall’analogico al digitale.

“Per me è stato un passaggio veloce quello dalla pellicola al digitale, non ho nessuna nostalgia perché era difficile lavorare con la pellicola. L’intelligenza artificiale? Il mondo è cambiato molto, soprattutto dal punto di vista della tecnologia. L’intelligenza artificiale fa paura, perché azzera certe professioni, poi però, nonostante si possa fare un film semplicemente con un computer, tutti sono attaccati al loro attore preferito” ha chiarito, aggiungendo: “L’idea di smettere con la fotografia? Ce l’ho avuta proprio oggi, a Venezia, per il caldo e la cattiva luce che c’era – ha ironizzato -. La fotografia non è mai facile, bisogna impegnarsi ed essere preparati, perché è uno stile di vita, non è un lavoro normale come quelli che conosciamo”.

E quali saranno i progetti futuri di questo talentuoso fotografo? “Sono attratto dai luoghi spirituali e vorrei fare un libro: ho tantissime foto nei miei archivi, quasi un milione – ha concluso -. Vivere in Italia? Sono un grande fan di questo Paese, per il cibo, l’arte, l’architettura e il senso dell’umorismo delle persone, ma non potrei venire a viverci per la difficoltà di imparare la lingua e di portare qui tutte le mie cose e il mio archivio. Magari potrei trovare un posto per trascorrere dei periodi”.

(Autore: Arianna Ceschin)
(Foto: Arianna Ceschin)
(Articolo e foto di proprietà di Dplay Srl)
#Qdpnews.it riproduzione riservata

Total
0
Shares
Related Posts