La testimonianza di Enrico, coneglianese a Bruxelles: “Preoccupazione e orgoglio da parte della comunità italiana”

La sospensione della libera circolazione è stata una delle misure più forti nella lotta all’epidemia del Coronavirus, di certo quella che ha avuto il maggiore impatto sulla vita di tutti.

Non solo i residenti in Italia hanno visto la loro vita stravolta da un giorno all’altro, ma anche i tanti italiani emigrati all’estero che hanno mantenuto i contatti con la loro terra d’origine e che ora guardano con apprensione all’evolversi della situazione.

Enrico Turrin è un economista coneglianese che da quasi 12 anni vive a Bruxelles, dove lavora come vicedirettore della Federazione degli Editori Europei.

Ha mantenuto stretti contatti con l’Italia, dove torna abitualmente ogni tre mesi per ritrovare la famiglia e gli amici di una vita, ma a causa dell’emergenza sanitaria ha dovuto cancellare l’ultimo viaggio, previsto per marzo.

Nei giorni in cui anche il Belgio sta prendendo provvedimenti molto importanti per contrastare la diffusione dell’epidemia, Enrico racconta come la situazione sta evolvendo nella capitale europea, e i sentimenti che sta vivendo la comunità italiana a Bruxelles.

L’Italia è stata apripista in Europa della lotta al Coronavirus, il Belgio si è mosso tempestivamente o in ritardo rispetto allo scoppio dell’emergenza?

Il governo belga ha reagito più tardi di quello italiano, in primis perché l’epidemia è iniziata dopo. Quando l’Italia era in piena emergenza, qui si monitorava ancora la situazione e si puntava sui consigli di base per evitare il contagio. A inizio marzo si è cominciato a raccomandare di evitare eventi con più di 1000 persone. Poi, in tempi brevi, l’escalation: il 12 marzo la chiusura di scuole, università, bar, ristoranti, nonché dei negozi non essenziali durante il weekend. Il 17 marzo il governo ha rincarato la dose, stabilendo che si deve rimanere a casa, con le eccezioni del caso (spesa, lavoro se non si può fare da casa, etc). La prima stretta qui è venuta con 400 casi confermati, la seconda poco dopo i 1000”.

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Ci sono importanti differenze nelle restrizioni imposte dal governo belga rispetto a quelle imposte dal governo italiano?

Sono leggermente meno restrittive, per esempio si può passeggiare o fare sport all’aperto, purché si mantengano le distanze di sicurezza, ma sono ormai piuttosto simili”.

In Italia si è assistito a divergenze e scontri tra governo centrale e amministrazioni locali nella gestione dell’emergenza. In Belgio è successa la stessa cosa, tenendo conto che il Paese negli ultimi anni è stato protagonista di divisioni tra le differenti zone linguistiche che si sono tradotte in spinte separatiste?

Le divisioni qui sono ancor più marcate che in Italia, e si sono riflettute sulla gestione della crisi. Le decisioni più drastiche sono state prese con un certo ritardo rispetto all’avvio delle discussioni perché mancava l’accordo tra le regioni. Qui non c’è al momento un vero governo centrale, ma un governo di minoranza che si occupa degli affari correnti. Per affrontare la situazione sono stati attribuiti dei poteri speciali a questo governo per sei mesi”.

Per quanto riguarda la vita quotidiana, come è vissuta l’emergenza rispetto all’Italia? Ci sono difficoltà di approvvigionamento dei beni fondamentali?

Qui non c’è il senso generalizzato di emergenza che c’è in Italia, più che altro perché la situazione non ha raggiunto lo stesso livello di gravità. La maggior parte della gente comunque è cosciente della serietà della vicenda. C’è stata una corsa all’approvvigionamento nei supermercati, con lunghe code a causa degli ingressi contingentati. Il fenomeno più evidente è la scomparsa della carta igienica, ma anche i generi alimentari sono andati a ruba”.

Come sta reagendo la numerosa comunità italiana residente a Bruxelles di fronte a questa situazione, in particolare riguardo a quanto sta avvenendo nel nostro Paese?

“Inizialmente c’era un senso di inquietudine dovuto all’impressione che la situazione non fosse presa abbastanza sul serio dalle autorità. Le misure prese adesso ci rassicurano, ma rimane la preoccupazione per l’epidemia e per le ricadute economiche, che saranno inevitabili. Credo che soprattutto guardiamo tutti all’Italia, con tanta preoccupazione, per i nostri cari e per il nostro Paese che non sappiamo quando potremo rivedere. Ma noto anche un senso di orgoglio per come l’Italia sta gestendo l’emergenza, e tanta solidarietà”.

(Fonte: Fabio Zanchetta © Qdpnews.it).
(Foto: Facebook).
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