“Le drio rivar el temporal, perché no i spara?” quanti hanno sentito questa esclamazione dai loro padri o dai loro nonni, chi non ha mai sentito i boati provocati dai cannoni antigrandine durante i temporali tra le colline del prosecco? La famosa artiglieria schierata in prima linea a difesa dei preziosi vitigni del territorio Unesco del Conegliano Valdobbiadene.
I cannoni antigrandine sono da anni, nell’immaginario collettivo, lo strumento per eccellenza, essenziale, nella prevenzione della grandine aventi lo scopo di diminuirne la grandezza tramite bombardamenti a onde d’urto.
“Lo sparo del cannone crea delle onde sonore che hanno l’effetto di creare delle vibrazioni facendo si che il peso del chicco abbia la sopravvenienza sulla corrente ascensionale interna alla nube temporalesca, in poche parole che il chicco di grandine cada finché è piccolo. Parliamo di un sistema teorico di funzionamento perché nella pratica nessuno sa cosa succede all’interno della nube” afferma Gregorio Bortolin, titolare della cantina Cà Salina e forte sostenitore di questi strumenti, in una nostra precedente intervista (qui il video).
Una tecnica che, sulla carta, sembrerebbe molto valida ma che incontra il parere discordante degli esperti scientifici del settore, infatti studi in materia dimostrano, ed è consapevolezza radicata di qualsiasi meteorologo, che le onde d’urto sviluppate da questi cannoni sono del tutto inefficaci a prevenire o attenuare lo sviluppo della grandine.
“A livello scientifico i cannoni antigrandine non hanno alcun tipo di effetto sulla caduta della grandine o sulla deviazione degli spostamenti della stessa in altre zone limitrofe come si sente parlare nell’immaginario comune – spiega Riccardo Mazzocco di Meteo in Veneto – si pensa che il chicco di grandine con il getto di onde d’urto cada prima o cambi direzione, non è proprio così e questo tipo di situazioni non hanno alcuna valenza”.
Il bersaglio contro cui si mira, a dir degli esperti, è troppo grande e potente per essere impensierito dai colpi delle onde d’urto che oltretutto difficilmente arrivano alle prime quote di formazione dei chicchi di grandine.
“La nube di un cumulonembo è molto vasta e spessa, anche oltre 12.000 metri di altitudine e purtroppo il cannone antigrandine non ha la forza fisica e l’efficacia di rompere una nube a tal punto al fine di scombinarne i moti interni – continua Mazzocco – quindi il chicco in balia della notevole potenza delle correnti ascensionali presenti nella nube non può subire mutamenti né di struttura né di futura caduta.”
Per i viticoltori delle colline eroiche i cannoni restano l’unico strumento di speranza in un territorio unico al mondo dove le condizioni morfologiche del terreno e le rive impervie non consentono le tutele date, come in altre zone, dalle reti antigrandine o da altri sistemi.
Il principio fisico secondo il quale i forti rumori, come le esplosioni o i rintocchi dell campane poste negli alti campanili, vanno a incidere sulla formazione delle nubi grandingene è noto nella tradizione popolare.
“Vivus voco, mortuos plango, fulgura frango” (prego per i vivi, piango i defunti, infrango i fulmini) è un motto latino inciso in molte campane, solo miti della tradizione, chi lo sa? Resta da dire che tra chi coltiva e vive nel territorio delle colline del prosecco, il suono nell’aria dei colpi dei cannoni da speranza e allieta l’angosciante attesa del passaggio di un temporale che potrebbe in pochi minuti distruggere il faticoso lavoro di un anno intero.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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