Era “potenzialmente evitabile”, secondo lo psichiatra Pier Paolo Urbani, per anni primario dell’Ulss, la tragedia avvenuta una settimana fa all’Isola dei Morti a Moriago della Battaglia dove ha perso la vita, uccisa a coltellate, Elisa Campeol.
Dopo sette giorni di indagini, l’interpretazione della vicenda sembra presentare una problematica ben nota in situazioni analoghe: per discernere un atto folle da un’azione ragionata, il sostituto procuratore Gabriella Cama dovrà affidarsi alla perizia psichiatrica.
Nel frattempo, Fabrizio Biscaro, indagato per l’omicidio, rimarrà in detenzione a Santa Bona e sorvegliato a vista. “Potrebbe uccidere ancora” dice il gip Marco Biagetti.
“Sentivo una necessità di fare del male a qualcuno”, è questa la frase che ha ripetuto lucidamente Fabrizio Biscaro durante i vari interrogatori. Proprio la sua scelta causale della vittima è il fatto che ha destato maggior sconforto in tutto il Quartier del Piave.
Professor Urbani, secondo lei questa tragedia era evitabile?
“Da quello che mi ha insegnato il mio maestro, il primario Spilimbergo, la psicosi non è una malattia che guarisce, è una malattia cronica e l’ipocrita ‘politically correct’ che segue l’onda della difficile guarigione dalla schizofrenia è una cosa che non sta nell’ecumene psichiatrica mondiale perché questa malattia può essere in compenso clinico psicopatologico con una adeguata terapia psicofarmacologica.
È come se un diabetico che ha bisogno dell’insulina per tutta la vita smette di prendere l’insulina; è normale che si creino degli scompensi con tutte le conseguenze a cascata che ne derivano. Lo stesso vale per l’ipotiroidismo o per chi soffre di pressione alta come me. Queste sono malattie croniche le quali possono portare a un valore globale di funzionamento sociale, lavorativo e familiare premorboso e quindi se curate nella maniera adeguata anche la schizofrenia cronica può essere tenuta sotto compenso psicopatologico riportando il VGF (valore globale di funzionamento) a livelli premorbosi.
Quando io ero primario, però, suonava fatalmente un campanello d’allarme e di allerta nel momento in cui uno che aveva una diagnosi di psicosi, schizofrenia o di sindrome delirante non si presentava alle visite proprio perché, non essendo critico e cosciente di malattia per definizione, è soggetto a delle fatali ricadute se interrompe la terapia.
Con me queste cose, facendo gli debiti scongiuri, in quarant’anni non sono mai successe, ma noi eravamo pronti ad andare immediatamente a casa del malato. Se vogliamo era un po’ uno stato di polizia ma sempre meglio questo che piangere una figlia morta, accoltellata con 20 colpi di lama di coltello, comprato lucidamente”.
Secondo lei è possibile che un malato sospenda le cure, e nel caso questo avvenga c’è una soluzione alternativa?
“In questi casi non c’è critica e coscienza di malattia, mi dimentico io di prendere le medicine, figuriamo uno psicotico che non capisce che deve curarsi. È chiaro che devi seguirlo e prenderlo in carico accompagnandolo tutta la vita.
Questo è il compito che abbiamo sempre svolto, poi può succedere comunque, ma bisogna avere la coscienza tranquilla; ergo quando uno psicotico non si presenta io devo andare a domicilio.
Lo facevano anche quando eravamo in quattro in tutta l’Ulss, ma in Italia c’è sempre una scusa, per esempio quella che manca personale e non si trova mai responsabile. Questa faccenda la definisco in modo chiaro come una presa in carico che ha avuto delle falle”.
Si è parlato molto spesso di “lucida follia” da parte di Biscaro, secondo lei quale era il suo stato di salute mentale al momento dell’omicidio?
“Era, evidentemente da quanto si legge dalle cronache, in scompenso clinico psicopatologico per cui probabilmente sotto stimolo acustico dispercettivo e ideazione delirante a timbro persecutorio e di nocumento, abbia ubbidito a queste voci scatenando la rabbia che sentiva contro il primo che è capitato; come è successo a Roma qualche settimana fa o il recente caso di Bologna.
Bisogna seguire i malati psichiatrici perché, ripeto, è una errata affermazione del politically correct, che a me sta veramente in odio, per cui bisogna dire che si guarisce. Non si guarisce un tubo, si sta in compenso clinico psicopatologico con adeguata terapia”.
È pensabile che la famiglia non si sia mai accorta di nulla, o che lo stesso Biscaro non abbia mai compiuto atti che facessero presagire una tragedia tale?
“Le famiglie tendono sempre a minimizzare e a sottovalutare i sintomi, ecco perché le riunioni coi famigliari servono a ragguagliare mettendo in guardia dicendo: ‘guardate che se lo vedete chiuso, se non parla con nessuno, se dà segni di alterazioni della condotta o del comportamento dovete telefonare immediatamente’.
Nel caso che qualcuno sospenda le cure e sia violento, bisogna purtroppo ricorrere a un trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Io penso che tutti i sindaci che mi hanno conosciuto per questi frangenti lo sappiano. Io ne avrò fatti 250 nella mia vita, ma quando serve, serve”.
È possibile una forma di emulazione da parte di altre persone con questi problemi?
“Non credo che il ragazzo che ha ucciso la ragazza a Bologna, abbia letto le nostre cronache locali, sicuramente però ha sentito dei fatti accaduti a Roma. Sentendo queste cose non è certo un buon esempio; sarebbe un esempio migliore sapere che la psichiatria territoriale funziona come si deve. Una cosa che mi preme dire è spiegare perché sono nati i ‘long-acting’ che sono dei neurolettici che iniettati intramuscolo coprono come copertura psicofarmacoterapeutica circa 28 giorni di tempo, in questo modo è garantito che il paziente assuma comunque le medicine con la copertura di un mese, proprio perché, e lo ripeto, la schizofrenia è una malattia cronica senza aver coscienza di malattia”.
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