Sono andati tutti esauriti i posti disponibili per l’incontro che nella serata di ieri, martedì 29 giugno, ha visto protagonista Francesco Zambon, ricercatore e medico vittoriese, che ha raccontato la vicenda che l’ha coinvolto quando era funzionario dell’Oms a Venezia.
Il dialogo, coordinato da Alessandro Tonon e organizzato dalla libreria Tralerighe e dalle associazioni Corte delle Rose e La chiave di Sophia, si è tenuto negli spazi esterni dell’ex convento di San Francesco a Conegliano, dove è stato presentato il volume, edito da Feltrinelli, “Il pesce piccolo. Una storia di virus e segreti”, nel quale Zambon ha raccontato una vicenda umana e professionale ormai lunga un anno.
Laureato in Medicina, con un Dottorato di ricerca e un Master in Business administration conseguito negli Stati Uniti, un anno fa Francesco Zambon si è trovato a dover coordinare un team composto da circa venti persone nella sede veneziana dell’Oms, per la stesura di un rapporto che andasse a fotografare la situazione pandemica in Italia: la relazione avrebbe dovuto aiutare quei Paesi, specialmente dell’ex Unione Sovietica, dove la pandemia non si era manifestata a livelli ancora preoccupanti, per scongiurare il rischio di ulteriori contagi.
L’11 maggio 2020 era arrivata l’approvazione del documento, il 13 era pronto per essere messo online, dopo che erano state apportate alcune modifiche al box riguardante la situazione in Cina, ma il 14 maggio è stato infine ritirato. Il motivo? Nel documento sarebbe emerso come il piano pandemico in Italia non risultasse aggiornato dal 2006, risultando “più teorico che pratico”, come ha spiegato Zambon, il quale ha ammesso come abbia subito avuto “la percezione che qualcosa di grosso stesse per succedere”.
Lo scorso marzo Zambon ha scelto di rassegnare le proprie dimissioni, nonostante un contratto a tempo indeterminato e la previsione di andare in pensione nel 2038, a causa delle pressioni subite, come ha raccontato, del mutismo istituzionale e dell’assenza di supporto da parte dei colleghi: “Non avrei mai pensato di dovermi rimettere in discussione”, ha ammesso.
Come è cambiata la sua vita con l’arrivo del Covid-19?
Pensavo che il Covid non avrebbe portato alcun cambiamento. La mia vita è mutata completamente: penso ad esempio alla mia scelta di uscire dall’Oms, che è stata drastica e ha spiazzato tutti quanti.
Quali sono le tappe della vicenda che l’ha coinvolta? Se tornasse indietro rifarebbe le stesse cose?
All’Oms sono stato assegnato a coordinare le attività riguardanti il Covid-19, assieme a un team affiatato: dovevamo documentare la situazione in Italia all’interno di un rapporto che sarebbe dovuto servire agli altri Paesi. Però è emerso come il piano della pandemia non fosse aggiornato, ci sono state delle segnalazioni da parte mia e si è verificata una spaccatura interna: tutto ciò ha poi portato alle mie dimissioni e alle indagini da parte della Procura di Bergamo. Sicuramente rifarei tutto, ma avrei voluto avere più tempo per rivedere il box relativo alla situazione in Cina, senza che ci fosse un primo ritiro del documento per apportare le modifiche. Così facendo, il rapporto sarebbe ancora online: diciamo che si è verificato un incidente nell’incidente.
Qual è la cosa che di più l’ha disturbata in tutta questa vicenda?
Senz’altro lo strappo brutale dall’Oms e dai colleghi: attorno a me si era creato un certo distacco e un clima molto teso.
“Non potevo rimanere in silenzio”: è un’espressione che si legge nel suo libro. Come è nata l’idea di mettere la vicenda nero su bianco?
Non volevo che tutto rimanesse soltanto un articolo di giornale o un’intervista televisiva, ma era giusto dare compiutezza alla storia, raccontarla affinchè cose di questo tipo non si ripetano più e che ci sia in futuro una Oms diversa.
E potrà, quindi, esserci una Oms differente secondo lei?
Speravo di sì, ma un tempo ero più ottimista di adesso.
Quella che sta portando avanti si può definire una battaglia? Ha già ricevuto delle reazioni per il suo libro?
Si tratta di un’attività di divulgazione che è importante fare e il libro è stato ben accolto: ho ricevuto diversi messaggi molto belli dalle persone, ma anche degli attacchi personali, cosa che mi è dispiaciuta, perché io non ho mai colpito nessuno sul personale. Attorno a me si è creato un silenzio istituzionale importante e nessuno mi ha mai chiesto dei chiarimenti sulla vicenda.
Quali sono i suoi progetti lavorativi per il futuro?
Questo è un periodo di presentazioni del libro, che continueranno a tempo pieno fino alla fine di luglio. Sto valutando delle proposte che mi sono state fatte e spero di poter rimanere nel campo del management sanitario.
Lei ha dedicato questo libro alle persone “che hanno lottato in prima linea contro il Covid”: qual è il pensiero che rivolge al personale medico?
Il mio pensiero va non solo ai medici, ma a tutti coloro che hanno lavorato davvero in prima linea durante la pandemia: quindi, oltre ai medici stessi, anche agli infermieri fino ad arrivare agli addetti alle pulizie, senza dimenticare nessuno. C’è un mondo dietro a questa emergenza che si è trovato a dover combattere: è una dedica, pertanto, che mi sentivo davvero di dover fare.
C’è un detto che dice che da ogni esperienza che si affronta è necessario trarre una lezione: qual è stata la sua?
Che non bisogna mai fidarsi di nessuno. So che non è una lezione positiva, ma la mia è stata questa.
(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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