“Sabotaggio!”: inaugurata al Museo degli Alpini la mostra sulle missioni alleate in Pedemontana

La riproduzione in scala di un sabotaggio

Guardare al futuro preservando la memoria storica: un obiettivo che è al centro della mostra inaugurata ieri al Museo degli Alpini di Conegliano, appuntamento nell’ambito del 12esimo raduno delle Penne nere.

Intervista ad Aldo Vidotto, direttore del Museo alpino di Conegliano – Servizio a cura di Arianna Ceschin

Una mostra dal titolo “Sabotaggio! Le missioni alleate operanti nella Pedemontana”, ospitata nel Museo di piazza San Martino, collocato di fronte alla chiesa dei Santi Martino e Rosa.

A tal proposito, la sezione Alpini di Conegliano vanta ben quattro medaglie d’oro, una delle quali è dedicata all’ufficiale alpino e comandante partigiano Pietro Maset, a cui è stata intitolata una targa (nella foto sotto).

Pietro Maset, alpino medaglia d’oro della Resistenza

Già pluridecorato nelle campagne di Grecia e Russia, dopo l’8 settembre seguì la via della clandestinità, salendo in montagna assieme ad altri Alpini, per combattere la presenza tedesca: dal 1° febbraio 1944 entrò a far parte della prima divisione partigiana Osoppo, di cui divenne, qualche mese dopo, il comandante fino all’aprile 1945, data in cui morì durante un combattimento in Pian Cavallo, guadagno con il proprio sacrificio una Medaglia d’Oro.

La mostra, oltre a narrare la sua vicenda personale di alpino, esplora il mondo delle missioni partigiane e del loro coordinamento con le truppe alleate, impegnate nell’avanzata dal sud Italia.

L’inaugurazione della mostra sui sabotaggi

Con il termine “missioni” ci si riferisce alle piccole unità militari alleate paracadutate nelle montagne del Nord Italia (e non nelle aree pianeggianti, dove i loro lanci sarebbero risultati troppo visibili), che avevano il compito di coordinare le attività di sabotaggio nelle retrovie nazi-fasciste, fornire assistenza e soccorso degli equipaggi aerei abbattuti.

Sostegni militari che avevano una duplice organizzazione: da una parte quella inglese con il SOE (Special Operations Executive), dall’altra quella americana con l’OSS (Office of Strategic Service).

Dal settembre 1943 diverse missioni clandestine arrivarono nell’Italia occupata, comprendenti personale italiano e anglo-americano, impegnato nell’aiutare le formazioni partigiane, anche tramite il rifornimento di armi, munizioni e beni di primaria necessità.

Missioni che comprendevano un radiotelegrafista, con il compito di creare un primo contatto tra la resistenza e le forze alleate, organizzando la fase logistica per la ricezione dei rifornimenti (lanciati in casse con paracaduti), oltre all’attività informativa.

Una riproduzione della vita militare durante la Seconda guerra mondiale

Un modo che serviva anche a preparare la popolazione all’arrivo delle forze alleate, in un clima potenzialmente favorevole.

Un’attività che ebbe una particolare rilevanza sulle montagne della provincia di Treviso: si stima che durante il conflitto furono 200 le missioni, per un totale di 500 agenti coinvolti e 6 mila tonnellate di armi e rifornimenti inviati ai partigiani.

La mostra, quindi, intende approfondire ed esplorare questo aspetto del Secondo conflitto mondiale forse meno conosciuto, tramite cimeli, fotografie, ricostruzioni di spaccati dell’attività quotidiana, in modo da letteralmente “paracadutare” il visitatore sulle montagne sopra Conegliano e Vittorio Veneto.

Un’attività che si inserisce all’interno di un percorso del museo, inaugurato nell’ottobre 2006, che periodicamente offre delle mostre sempre differenti, tutto “Non per celebrare la guerra, e nemmeno chi l’ha voluta, ma per ricordare e tener viva la memoria di chi la guerra l’ha dovuta fare”, come recita una targa all’ingresso.

Una mostra visitabile, a ingresso gratuito, ogni sabato e domenica, dalle 15 alle 18.30.

La cerimonia di inaugurazione

Alla cerimonia di inaugurazione, insieme alle Penne nere e al presidente sezionale Gino Dorigo, erano presenti varie autorità e rappresentanti delle Forze dell’Ordine, il sindaco di Conegliano Fabio Chies, l’assessore Claudia Brugioni, il consigliere comunale Paola Chies, il direttore del Museo Aldo Vidotto, il curatore della mostra Nicola Cristofoli.

Il museo, come è emerso, ha da poco chiuso un accordo con le Università di Padova e Bologna, affinché gli studenti di Beni culturali e Museologia possano lì fare i propri stage curriculari o attingere del materiale utile alle proprie tesi di laurea.

La mostra è frutto di un lavoro iniziato a luglio, che ha preso spunto dai musei presenti in Nord Europa, con l’obiettivo di suscitare delle emozioni in chi guarda questi spaccati di attività resistenziale.

Una bomba presente al museo di Conegliano

Nel corso della cerimonia sono state lette le parole scritte in una lettera da Paola Del Din, prima paracadutista militare italiana, la quale ha ricordato come l’azione alpina non sia vincolata solo all’azione bellica, ma anche all’impegno civico.

“Questo è un appuntamento che riempie il cuore – ha detto il sindaco Chies – Tutto ciò che rappresenta gli Alpini, rappresenta il territorio. Avremo un grande futuro davanti, se ci ricordiamo un glorioso passato. Quello che viene presentato è un tema delicato e c’è voluto coraggio per affrontarlo, perché ricco di tante sfaccettature: è un museo che cambia ed evolve”.

Il presidente sezionale Dorigo ha ringraziato tutti i collaboratori all’allestimento della mostra e il comitato organizzatore del raduno delle Penne nere, mentre il curatore Nicola Cristofoli ha annunciato che il prossimo anno il museo potrà godere dell’aumento dello spazio espositivo.

A fianco del museo, infatti, si trova un altro stabile dedicato a Ugo Cerletti, contenente bombe e armi di vario tipo (tutte catalogate), sia della Prima che della Seconda guerra mondiale.

“Ci sono ancora nei territori delle bombe nascoste e, pertanto, è importante che la gente abbia memoria delle loro varie forme, per evitare brutti episodi e conseguenze. Deve saperle riconoscere per non mettersi in una situazione di pericolo e, quindi, non farsi male – ha spiegato – Abbiamo fatto una convenzione con l’Esercito che ci fornisce dei ‘rottami’, che noi poi andiamo a catalogare. In tutto abbiamo 860 elementi, ma puntiamo ad averne in futuro almeno 1.500. C’è inoltre uno scambio continuo con altri musei e una sezione è dedicata ai fuochi d’artificio, sempre in un’ottica di formazione, anche con le scuole”.

Intanto, la mostra appena inaugurata racchiude immagini di repertorio, lettere, medaglie, giornali dell’epoca, anche stranieri, con lo sfondo musicale delle canzoni di quegli anni: tutto contribuisce in questo viaggio nelle missioni.

Ricordi di guerra

Ma si sente anche la voce del radiotelegrafista che trasmette le informazioni ai partigiani, nascosti nelle casere o intenti a sabotare le rotaie di un treno. 

Uno spazio ricostruisce invece lo scenario del lancio delle casse contenenti armi e beni di prima necessità, tramite paracaduti in seta, tessuto poi riutilizzato per confezionare la dote di giovani spose o gli abiti per la prima comunione.

E ancora le bombe camuffate da sassi o da letame di cavallo, usate per far saltare le ruote degli autoveicoli, caffè, scatole di crema, biscotti, cioccolata, latte in polvere, sapone, siringhe, fino a bottigliette di Coca-cola, munizioni e armi di vario tipo.

Alcuni preziosi cimeli del museo alpino di Conegliano

Non mancano immagini delle truppe tedesche impegnate nei rastrellamenti sul Pian del Cansiglio o del villaggio cimbro distrutto dai nazifascisti.

Presenti anche le divise d’epoca, di un soldato delle SS o della Repubblica di Salò, cappelli e berretti da ufficiale, spille, mappe d’epoca, borracce, kit medici, esplosivi e le “divise” di fortuna dei partigiani, messe assieme con capi di vestiario recuperati da soldati alleati o tedeschi (a cui venivano tolte le mostrine o segni che potessero risultare equivoci).

Un viaggio nella storia, costruito ad hoc per raccontare, soprattutto alle nuove generazioni, lo scenario delle nostre zone durante il conflitto.

(Foto e video: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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