Oggi, sabato 27 gennaio, è la Giornata della Memoria della tragedia della Shoah e anche Conegliano ha voluto ricordare le vittime della furia nazista, la cui malvagità rimane ancora inspiegabile.
A decidere di istituire questa ricorrenza è stata la stessa Assemblea generale delle Nazioni Unite, che il 1° novembre del 2005 ha scelto questa data al fine di ricordare la più grande tragedia umana mai verificatsi: il 27 gennaio del 1945, infatti, le truppe dell’Armata Rossa si apprestavano a liberare gli ebrei prigionieri del terribile campo di concentramento di Auschwitz. Una tradizione per la città del Cima da più tempo, però, da quando (1999) la terra di Auschwitz è stata depositata nel monumento alla resistenza di via Filzi.
Gli studenti delle scuole cittadine, il sindaco Fabio Chies assieme a rappresentanti dell’amministrazione, consiglieri di minoranza, associazioni locali, l’Enocoro, la Filarmonica coneglianese, alpini e forze dell’ordine si sono prima riuniti in via Caronelli, all’angolo con via Marconi, di fronte a una targa commemorativa, affissa nel 1947.
Successivamente la cerimonia si è spostata in via Filzi, di fronte al monumento dedicato alla Resistenza, vicino alle scuole medie “Federico Grava”. Un momento di riflessione su un fatto destinato a rimanere la pagina più buia della storia contemporanea, per la sua disumana efferatezza. E proprio per comprendere lo stato d’animo di chi è rimasto schiacciato sotto la morsa di un odio talmente profondo, sono state riproposte pagine di testimonianza degli internati, gli audi dell’epoca con il sottofondo dello sparo delle armi da fuoco, il pensiero dei maggiori scrittori e filosofi in relazione alla Shoah.
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Anche l’immagine del cappotto rosso, simbolo dell’innocenza riproposta dal regista Steven Spielberg nel suo Schindler’s list del 1993, è riemersa in questa giornata. Come sono ritornate le figure di quanti, pur mettendo a rischio la propria esistenza, si sono prodigati nel fronteggiare la furia nazista: uno tra questi Giorgio Perlasca, celebre padovano che, fingendosi Console generale spagnolo, riuscì a salvare 5.000 ebrei ungheresi dalla deportazione.
“Bisogna far tesoro della storia – ha affermato il sindaco Chies – perché questa è la prova di quanto in basso possa andare l’animo umano. Da 70 anni viviamo in un mondo sereno e pacificato, ma non bisogna mai dare nulla per scontato. Per questo è necessario utilizzare i social in maniera positiva, senza aver paura della verità, ma trovando la forza di opporci a ogni forma di intolleranza verbale. Non bisogna far passare certi messaggi, ma opporsi. Nessuno ha la legittimità di offendere e non bisogna accettare alcune forma di intolleranza. Ogni segnale non va sottovalutato”.
(Fonte: Arianna Ceschin © Qdpnews.it).
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