Timore per il futuro e necessità di comunicare meglio il territorio, preoccupazione per il costo della vita e per l’avvenire delle nuove generazioni: sono alcuni degli aspetti emersi nel corso del convegno “Felici, non troppo”, tenutosi giovedì sera al Teatro Accademia di Conegliano per presentare i risultati di un sondaggio promosso dall’amministrazione comunale al fine di comprendere quale sia “la qualità della vita nella percezione della popolazione dell’area coneglianese e della Marca trevigiana”.
L’appuntamento, condotto dal giornalista Dino Boffo, ha visto una consistente partecipazione di pubblico, comprese autorità regionali e dei territori comunali limitrofi, rappresentanti del mondo della scuola, dell’imprenditoria, degli ordini professionali, dell’associazionismo, del mondo bancario e religioso.
Presenti anche il vescovo Corrado Pizziolo, il viceprefetto Antonello Roccoberton, il direttore generale dell’azienda sanitaria Ulss 2 Francesco Benazzi, mentre sono stati letti i saluti del governatore della Regione Veneto Luca Zaia.
“Nel nostro piccolo abbiamo voluto fare un’analisi seria”, ha affermato il primo cittadino Fabio Chies, aggiungendo che il 60,2% della popolazione ha più di 60 anni e che il 50,8% dei coneglianesi ha sempre vissuto in città, a fronte del 33,5% del dato relativo al territorio provinciale: “Il nostro territorio deve farsi delle domande di fronte alla presenza di problemi reali”.
L’analisi ha preso in esame non solo la città di Conegliano, ma l’area del coneglianese, ovvero anche i Comuni contermini. “Le percezioni determinano la nostra realtà – ha affermato Daniele Marini, docente dell’Università degli Studi di Padova e direttore scientifico di Research&Analysis – ed è la nostra percezione a fare la realtà. I due terzi degli intervistati sono contenti di vivere qui a Conegliano, contro il 50% dell’area esterna. C’è quindi uno strabismo tra il peso della realtà e il peso della situazione percepita”.
Dalla sua analisi è emerso quanto l’aspettativa per il futuro sia negativa: gli intervistati hanno considerato peggiorati gli aspetti legati alla possibilità di curare la propria salute, alla criminalità e all’inquinamento. Giudicati stabili gli ambiti della cultura e dei trasporti, migliorati invece i campi relativi alla velocità di internet e all’informazione sul territorio, secondo le persone coinvolte nel sondaggio.
Il futuro è quanto di più preoccupa gli intervistati e, in caso di imprevisti, la famiglia e gli amici sono le figure considerate più adatte per ricevere un aiuto, mentre solo il 20% degli intervistati cita in questo senso le parrocchie e le associazioni, all’ultimo posto si trovano i servizi comunali e lo Stato. Sono considerati utili i servizi di aiuto domestico e di carattere infermieristico domiciliare.
Tutti aspetti che sono stati poi argomentati all’interno di un dibattito tra i protagonisti del mondo imprenditoriale. “La nostra è una società seduta che vive di rendita, bisogna ripartire dalla bellezza del passato ereditato – ha osservato Maria Cristina Piovesana di Alf Group – Un Paese che guarda al futuro deve essere un Paese che si interroga: bisogna capire in primis che cosa desiderano i giovani”.
“Il ritorno al concetto di comunità e alla coprogettazione dei servizi” è quanto citato da Raffaella Da Ros (Cooperativa Insieme si può), secondo la quale è inoltre necessario “valorizzare i giovani e le loro competenze”.
“Le aziende devono imparare a comunicare, anche a livello interno condividendo le strategie aziendali con i collaboratori, e a raccontarsi meglio”, è l’osservazione di Lara Caballini di Sassoferrato di Dersut Caffè, mentre secondo l’industriale Matteo Zoppas “non sono chiari gli obiettivi su quello che si vuole essere domani, bisogna prendere delle decisioni”.
“La nostra è una società in cui si fa fatica a discutere e ad affrontare i temi scomodi – ha affermato Chies alla fine del convegno – Non dobbiamo aver paura del cambiamento. I giovani non trovano la motivazione, perché si sentono esclusi e ognuno deve sentirsi realizzato”.
“Ogni tanto trovarci come stasera e parlarci fa bene a tutti – ha aggiunto – Abbiamo perso grandi opportunità, ma non possiamo perderne delle altre: dobbiamo esserci quando abbiamo opportunità di cambiare le cose. Credo che questa sia la strada da intraprendere: trovare degli appuntamenti in cui ci troviamo tutti assieme per ragionare sul territorio. Ci saranno degli altri incontri: il territorio lo chiede e noi dobbiamo dare delle risposte”.
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