Neanche l’emergenza epidemiologica ha fermato gli incontri delle prostitute transessuali della Sinistra Piave con i loro clienti.
Tra mille incertezze e paure per i contagi, infatti, dopo il lockdown le prostitute trans trevigiane sono tornate in strada con qualche piccolo accorgimento.
In un’intervista concessa a Qdpnews.it, Viviana (nome inventato), prostituta transessuale colombiana da 18 anni in Italia, ha voluto raccontare i principali cambiamenti che hanno interessato la sua professione da quando, dopo diversi mesi di inattività, è tornata a incontrare i suoi clienti nelle strade dell’Alta Marca Trevigiana.
Quando ha iniziato questo lavoro in Italia?
“Vivo in provincia di Treviso da 18 anni e sono arrivata qui dalla Colombia dopo aver lavorato molti anni come parrucchiera. Abito da sola in un appartamento nella zona del Coneglianese, pago regolarmente l’affitto e non ho una macchina. Mi sposto molto in treno e a piedi; qualche volta, quando me lo posso permettere, chiamo il taxi per farmi portare a casa. Considero quello che faccio una professione a tutti gli effetti anche se conosco bene il pensiero della maggioranza della gente in merito al mio lavoro. Nessuno mi ha mai costretto a fare nulla e ho scelto liberamente di essere un transessuale e di chiedere del denaro per un rapporto sessuale”.
Ha mai subito aggressioni? Come si è organizzata per difendersi da un eventuale atto di violenza nei suoi confronti?
“L’episodio più grave è avvenuto dieci anni fa quando un cliente, dopo che ci siamo appartati, si è scagliato violentemente contro di me alla mia richiesta di denaro per avere un rapporto sessuale. Il rischio c’è sempre e ora la gente, molto più del passato, pretende di poter venire con noi per pochi soldi. A volte, se il cliente mi piace, posso anche decidere di fare qualche sconto ma io vivo con questo lavoro e quindi non posso cedere a nessun ricatto. Ci sono anche clienti gentili che si sono affezionati a me e che mi conoscono da anni. Spesso mi portano regali, dalle uova alla verdura, e con loro ho instaurato un bel rapporto di fiducia reciproca”.
Che età hanno le persone che la contattano e che caratteristiche ha il cliente tipo di una prostituta transessuale?
“Con me vengono giovani e anziani, operai e persone che hanno lavori più importanti, gente sola e uomini sposati. Tanti clienti mi raccontano dei loro insuccessi familiari e si confidano con me. A volte hanno solo bisogno di parlare e non mi chiedono neanche di avere un rapporto sessuale. Chi fa il mio lavoro, come dico sempre, deve essere anche un po’ psicologo perché il bisogno di essere ascoltati è forse la necessità più importante per le persone che si rivolgono a noi. Quante maschere e quanta sofferenza in questa società dell’apparenza dove, dietro a famiglie apparentemente perfette, si nascondono tragedie familiari che fanno venire i brividi”.
Com’è cambiato il suo lavoro dopo il Covid?
“Durante il lockdown sono stata a casa e ho cercato di utilizzare i risparmi che avevo messo via negli anni. Non è stato facile e ora, dopo aver sempre pagato l’affitto regolarmente, sono indietro con i pagamenti di qualche mensilità. Da alcuni mesi sono tornata in strada e sono molto attenta all’igiene dei miei clienti ai quali ho spiegato che non possono chiedermi baci con la bocca. Io non consumo rapporti sessuali in macchina ma non critico chi lo fa: ognuno si comporta come crede. Porto i clienti a casa mia e nella mia borsetta, oltre agli “strumenti del mio mestiere”, non possono mancare le mascherine, il gel igienizzante e le salviette per pulire il corpo. Inoltre, per difendermi dalle aggressioni, ho anche uno spray al peperoncino che, fortunatamente, ho usato poche volte”.
Pensa di continuare a fare questo lavoro ancora per molti anni? Immagina di tornare in Colombia in futuro?
“Non si può sapere cosa ci riserverà il futuro, oggi ci siamo e domani non si sa. Ultimamente mi hanno colpito molto i due fatti di cronaca che hanno interessato il giovane Willy e don Roberto Malgesini, ammazzato qualche giorno fa a Como da un uomo senza fissa dimora a cui non aveva mai negato il suo aiuto. Ho riflettuto che anch’io corro dei rischi e quando la sera lascio casa mia per andare in strada non posso sapere che cosa mi succederà. Comunque non mi lamento, perché ho scelto io il mio lavoro e chiedo solamente di poter svolgere la mia professione in tranquillità. In quest’ultimo periodo la gente ha meno soldi e le persone sono molto più nervose. In ogni caso, a noi prostitute transessuali il lavoro non manca e continueremo ad incontrare e ad ascoltare i nostri clienti finché le famiglie non inizieranno a dialogare meglio al loro interno”.
Terminata l’intervista, conclusa intorno alle ore 23 di ieri, sabato 19 settembre, Viviana è tornata in strada perché la notte era appena iniziata e stavano arrivando i primi clienti.
(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
#Qdpnews.it