Acqua, tantissima acqua, è caduta sui bei cappelli degli alpini durante quest’Adunata: li ha costretti a cercare riparo sotto le tettoie dei condomini, a indossare degli stivali anche dentro la propria tenda, a coprire gli oggetti di pregio con ombrelli, teli e sacchetti.
Una pioggia ininterrotta che, da mercoledì, quando i primi gruppi sono arrivati per accamparsi nei dintorni del capoluogo friulano, non li ha lasciati in pace neanche per un momento, fino alle 16 di ieri, domenica, proprio come per concedere dopo tanti sforzi una meritata sfilata all’asciutto.
Le stime dell’ANA suggeriscono che a Udine abbiano sfilato circa 85mila penne nere. Alcuni gruppi hanno dovuto desistere, a causa di qualche disagio dovuto alla pioggia: qualcuno si è persino ammalato dormendo fuori a costo di essere presente per tutti e tre i giorni.
C’è chi, al maltempo, ha risposto ricordando i tempi in cui durante la ronda notturna bisognava schiaffeggiarsi a vicenda per rimanere svegli. C’è chi ha ancora in mente i lunghi inverni trascorsi a marciare con temperature sottozero, con i polpastrelli appiccicati al metallo del Garand.
È forse questo il grande vantaggio del servizio di leva, che le giovani generazioni non conoscono e che tutti gli altri rimpiangono: ritrovarsi a dover svolgere un compito a qualsiasi costo, senza scuse, anche nelle condizioni più avverse.
Una situazione che vissuta nel presente appare allucinante e costrittiva, ma ricordata con i compagni decenni più tardi diventa in qualche modo un ricordo felice. “È a queste cose qui che serve l’Adunata – ci spiega un alpino anziano che, in sedia a rotelle, con un telo a coprirgli petto e le gambe, ci sorride sotto la pioggia. – a parlare di quelle cose lì che abbiam fatto fatica a fare, ma che insieme alla fine abbiamo fatto”.
Nel fango, come ai tempi della Naja
È presumibile che gli alpini del Veneto, lo scorso fine settimana, abbiano in qualche modo cercato di avvicinarsi al ricordo del loro sacrificio, compiuto in quell’anno o in quel paio di anni di servizio militare quando avevano diciotto anni, condividendo quindi con i coetanei e con gli amici quella che è stata effettivamente una situazione difficile.
Pur di stare all’adunata, per esempio, i Gruppi Alpini di Refrontolo, Pieve di Soligo, Conegliano, ma anche alcuni dai gruppi della Vallata, come Cison, Follina, Tarzo, Revine Lago, hanno chiesto di potersi accampare in un’area esterna di un ex-monastero non lontana da Piazza I Maggio. “Toglietevi le scarpe prima di entrare” ci dicono scherzando da dentro il tendone, dove il pavimento è letteralmente una vasca di fango.
Ammassati sotto il buio sottoscala di un condominio vicino alle zone previste per la partenza, in molti, tra trevigiani e bellunesi, ci raccontano di essere tornati a Udine con una certa nostalgia: proprio in Friuli Venezia-Giulia alcuni di loro hanno svolto gran parte del loro servizio militare.
Per questo il legame con quest’adunata era per alcuni così forte da richiedere la propria presenza per tutti i giorni della manifestazione: alcuni si sono recati a visitare le strutture militari ancora operative o dismesse dell’area friulana, compreso il Comando della Brigata Julia a Udine, ma alcuni gruppi si sono recati anche a vedere i forti e i musei della Prima Guerra Mondiale.
Nel bene e nel male, l’amicizia tra Veneto e Friuli
La Brigata Julia, nata l’11 marzo 1926 ma così nominata solo a partire dal decennio successivo, si distinse nelle guerre in Nordafrica e, per valore, in Grecia e in Russia, dove subì ingenti perdite.
Le storie di eroismo e l’enorme sacrificio tramandate da quei contesti bellici è stato ricordato non tanto durante la sfilata, ma in queste occasioni di riscoperta individuale della storia della Brigata, ben proposta anche dal reparto culturale della città di Udine. Oltre alle classiche bandierine tricolore, la città pullulava di vetrine a tema, con reperti storici risalenti alle prime tradizioni alpine e non solo.
La storia del legame tra il Veneto e il Friuli è antica e ancora forte: lo si è visto anche a livello diplomatico nell’ultima parte della sfilata con un amichevole stretta di mano tra il presidente del Veneto Luca Zaia e il collega Massimiliano Fedriga.
Il presidente della Provincia di Treviso Stefano Marcon e il presidente della Provincia di Belluno Roberto Padrin hanno testimoniato i legami anche tra i loro territori e la Provincia di Udine: legami intrecciati purtroppo anche in situazioni di calamità naturali, come il terremoto del Friuli nel 1976 e il disastro del Vajont nel 1963, quest’anno arrivato al 60° anniversario.
L’accoglienza, secondo gli alpini che abbiamo intervistato, è stata eccezionale e, citando la maggior parte di loro, “nemmeno lontanamente paragonabile a quella avuta a Rimini”. Il tifo per gli Alpini è stato davvero importante a Udine: anche per strada, nelle piazze, i cittadini urlavano da sotto gli ombrelli complimenti e ringraziamenti all’associazioni, applaudendo loro e facendosi foto assieme alle autorità e agli stendardi storici.
I locali, che hanno lavorato molto in questi giorni, hanno accolto volentieri anche i gruppi numerosi e, a parte per qualche prevedibile gomito alzato, la situazione in centro è stata definita dai titolari dei locali del centro come sotto controllo anche grazie all’ingente presenza di forze di Polizia, Carabinieri, Polizia locale e Guardia di Finanza.
L’alpinità del futuro, senza mimetica
Domenica si è parlato soprattutto di futuro: un futuro rappresentato per esempio dalla possibilità di un servizio militare facoltativo, a cui hanno accennato anche la premier Giorgia Meloni, il ministro La Russa e il presidente Sebastiano Favero (qui per l’approfondimento).
Per certi aspetti, quello descritto anche dai colori della piazza durante la sfilata è un domani che tende a esporre sempre meno armi da fuoco e uniformi mimetiche ma che al contrario esalta e sottolinea l’importanza della Protezione civile, delle Unità Cinofili, delle altre associazioni, come le bande e i cori, quindi della cultura e della musica. Un futuro tollerante, che “allinea” uomo e donna prima e durante la sfilata, aperto – anzi – spalancato ad altre nazionalità europee e non solo.
Dal Trevigiano erano moltissimi i sindaci e gli assessori presenti, da Vittorio Veneto fino a Borso del Grappa, compresa una rappresentanza dal capoluogo: tutti loro sono stati concordi nel considerare gli alpini come l’associazione tra le più disponibili, sempre a disposizione a ogni chiamata.
“Devolvendo a loro il reddito di cittadinanza, sarei sicuro che risolverebbero almeno in parte alcuni problemi del nostro Paese” ha citato per esempio il sindaco di San Fior Giuseppe Maset. Nel servizio qui sotto abbiamo voluto intervistarne il più possibile per consentire alle comunità di esprimere il proprio sostegno ai gruppi alpini locali (per il silenzio elettorale, abbiamo dovuto escludere dalle interviste alcuni Comuni presenti).
Nonostante la presenza massiva del mondo militare e gli elicotteri della Polizia che sorvolavano perpetuamente la zona, l’Adunata del 2023 è stata forse più significativa delle precedenti anche per gli spettatori e ha portato un messaggio più “civile” rispetto alle edizioni passate, almeno nella sua proiezione nel futuro.
Forse perché quel “diluvio universale” (usando un’iperbole) scendeva su tutta la piazza indistintamente, costringendo donne, uomini, ufficiali, militari, civili, bambini, imprenditori, dipendenti, politici, giornalisti a indossare un cappuccio, un k-way o un ombrello. Superando così assieme il maltempo, solidali verso la più massiccia, potente e determinata delle associazioni di volontariato in Italia.
(Fonte foto e video: Qdpnews.it © Riproduzione riservata).
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