La scelta di ambientare il proprio videoclip sullo sfondo di villa Papadopoli a Vittorio Veneto non ha solamente un intento artistico: la band coneglianese Frammenti, infatti, ha deciso di realizzare proprio lì un lavoro relativo al brano “Come un’aspirina”, estratto dall’ep “L’attesa di”, per creare un dibattito e, allo stesso tempo, “denunciare lo stato di degrado e abbandono in cui vengono lasciati bellissimi edifici storici, a fronte di un edificio che tappa ogni spazio libero”.
Il caso di villa Papadopoli è una questione tuttora aperta nel vittoriese. Tra le varie destinazioni d’uso a cui l’edificio è stato soggetto, c’è anche quello di casa di riposo, prima della completa dismissione avvenuta negli anni Novanta: di recente la villa era divenuta protagonista di un video e di un dossier con i quali l’amministrazione comunale intendeva promuoverne la vendita, non avendo le forze finanziarie sufficienti alla sua completa ristrutturazione, secondo quanto riferito dal sindaco Antonio Miatto.
E proprio le ambientazioni dismesse, le pareti scrostate e i muri dove campeggiano alcuni graffiti vengono immortalati con insistenza durante le riprese del video, diretto da Manuel Barro, già disponibile sul canale YouTube della band.
Un’immagine del “degrado della storia, dell’anima e delle forze umane non in grado di sorreggere un passato presente”, è la descrizione fornita dalla band coneglianese, composta da Antonio Cettolin, Francesco Da Ros, Mauro Serafin e Alex Michielin (qui l’articolo).
Il brano narra la vicenda di un uomo alle prese con la propria sofferenza psicologica, dopo che i suoi sentimenti sono stati palesemente presi in giro.
Una partita con se stesso è quella inscenata nel video, dove il protagonista del brano si vede impegnato in una partita a scacchi in solitudine e in totale abbandono, dove le pareti scrostate rappresentano metaforicamente lo stato emotivo provato in quel momento.
E se il protagonista si trova alle prese con quelle che sono le cicatrici del proprio passato, la stessa villa Papadopoli, con “i segni del suo tempo, dei roghi e dell’immondizia“, contribuisce a ricreare uno scenario dove la narrazione musicale si fonde con un dibattito di attualità.
E proprio questo è l’obiettivo più volte ribadito dalla band, ovvero quello di “risvegliare il dibattito su un luogo tristemente abbandonato dall’azione del tempo, della natura e delle persone”.
“Perché continuare con un abusivismo edilizio che porta a uno sfruttamento e, ci permettiamo di dire, abbruttimento del territorio, – è l’interrogativo posto dalla band – quando c’è la possibilità di dare nuova vita a questi edifici abbandonati e pericolanti?”
Le riprese sono state realizzate in poco tempo, come ha spiegato la band stessa, considerato come “un piano dell’edificio risultasse essere quasi interamente crollato“.
Intanto, mentre i luoghi rappresentano metaforicamente lo stato d’animo del protagonista del brano, sullo schermo campeggiano dei graffiti che propongono delle frasi a effetto e rendono bene l’idea del legame metaforico tra luogo e personaggio: “Non avere nulla”, “Siamo qui per essere felici”.
(Foto: Frammenti).
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