Una cerimonia per ricordare il beato don Carlo Gnocchi: il passaggio della reliquia alla chiesa dell’Annunciazione di Campolongo

Una cerimonia per ricordare il beato don Carlo Gnocchi
Una cerimonia per ricordare il beato don Carlo Gnocchi

Mercoledì 10 maggio Conegliano, più specificatamente la chiesa dell’Annunciazione di Maria Vergine a Campolongo, ha assistito a una cerimonia molto sentita e particolare: lì si è svolta una messa per celebrare l’arrivo della reliquia del beato don Carlo Gnocchi.

La reliquia ha fatto diverse tappe e, in occasione dell’Adunata nazionale, sarà portato al tempio di Cargnacco a Pozzuolo del Friuli (a 10 chilometri da Udine), considerato un luogo sacro dedicato alla Madonna del Conforto, in memoria di 100 mila soldati che non hanno più fatto ritorno dalla campagna di Russia.

Protagonisti di questa cerimonia, il gruppo Alpini di Bergamo: stando al racconto di chi era presente, una staffetta composta da sei persone ha portato la reliquia a Campolongo dove, ad attenderla, un’altra ventina di persone, appartenenti allo stesso gruppo alpino bergamasco, attendevano la reliquia stessa, poi condotta all’interno della chiesa.

In chiesa, ad attendere il gruppo, c’era tutta la sezione Ana di Conegliano, per un totale di circa 200 alpini presenti alla cerimonia. I vari gruppi erano rappresentati in chiesa da 24 gonfaloni (circa una dozzina della sezione di Bergamo e l’altra metà di quella coneglianese).

Lì è stata celebrata una messa, per ricordare la figura di don Gnocchi e la sua vicenda e, allo stesso tempo, celebrare questo fatto del passaggio della sua reliquia.

Successivamente, i partecipanti hanno cenato tutti assieme grazie al lavoro del gruppo Alpini “M.O. Pietro Maset”, mentre la sezione bergamasca è stata ospitata per la notte nell’oratorio di Campolongo.

Il giorno successivo è ripreso il cammino della reliquia nelle diverse tappe previste, in direzione di quella finale del tempio di Cargnacco, dove la reliquia verrà posizionata.

Una grande emozione, per i presenti, quella di assistere alla cerimonia dedicata a un beato.

La storia del beato don Carlo Gnocchi

La storia di don Gnocchi inizia nel 1902: in quell’anno nacque nel Lodigiano il sacerdote, noto per la sua dedizione a favore dei bambini mutilati e orfani di guerra.

Ordinato sacerdote nel 1925, fu assistente all’oratorio a Cernusco sul Naviglio e poi nella parrocchia di San Pietro in Sala, nel Milanese. In quegli anni riuscì a guadagnarsi una certa stima come educatore e, nel 1936, venne nominato direttore spirituale di una delle scuole più prestigiose di Milano, ovvero l’Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole cristiane.

Nel 1940 si arruolò come cappellano volontario, prima con il battaglione “Val Tagliamento” degli Alpini, con destinazione il fronte greco albanese, e poi, nel 1942, ripartì con la Brigata Tridentina (sempre degli Alpini), stavolta verso la Russia.

Nel gennaio 1943 fece parte della tragica ritirata del contingente italiano dal territorio russo: don Carlo, stremato, cadde a terra e venne raccolto, trasportato su una slitta e così salvato.

Tornato in Italia, sempre nel 1943, cercò i familiari dei caduti, per dar loro un conforto morale e materiale.

Nel frattempo, il sacerdote si contraddistinse per l’impegno a favore dei più deboli: nel 1945 divenne direttore dell’Istituto grandi invalidi di Arosio (Como), accogliendo i primi orfani di guerra e i bambini mutilati.

Un’opera che lo condusse verso il titolo di “Padre dei mutilatini” e la struttura di Arosio diventò presto insufficiente ad accogliere le richieste provenienti da tutta Italia.

Nel 1947 gli venne concessa però in affitto, a un prezzo simbolico, una casa a Cassano Magnago, nel Varesotto. Fu nel 1949 che il lavoro di don Gnocchi ottenne il suo primo riconoscimento: la Federazione Pro Infanzia mutilata fondata nel 1948, concepita per coordinare meglio gli interventi assistenziali nei confronti delle piccole vittime di guerra, venne riconosciuta ufficialmente con decreto del presidente della Repubblica.

Nello stesso anno Alcide De Gasperi, all’epoca capo del Governo, promosse don Carlo consulente della presidenza del Consiglio per il problema dei mutilatini di guerra.

Nel 1951 la Federazione venne sciolta e tutti i beni vennero attribuiti al nuovo ente fondato da don Gnocchi, ovvero la Fondazione Pro Juventute, riconosciuta con decreto del Presidente della Repubblica.

Risale al 1955, invece, la posa della prima pietra del progetto di un Centro riabilitativo, situato vicino allo stadio San Siro di Milano. Un nuovo progetto avviato un anno prima della morte del sacerdote.

Ai funerali del 1956 oltre 100 mila persone assistettero al suo funerale e, anche alla sua morte, don Gnocchi diede prova della propria generosità verso gli altri, specialmente nei confronti dei giovanissimi: fu sua volontà, infatti, quella di donare le cornee, in un’epoca in cui non c’era ancora una legge in materia di donazione degli organi, mentre la Chiesa non si era espressa in merito.

Il percorso verso la beatificazione

Nel corso degli anni diverse persone sostennero di aver ricevuto delle grazie, dopo aver invocato l’aiuto del sacerdote.

Ma il fatto più eclatante fu quello di Sperandio Aldeni, artigiano elettricista del Bergamasco, il quale nel tempo libero era solito andare a dare una mano nella Federazione di don Gnocchi.

L’uomo, nel 1979, mentre si trovava all’interno di una cabina elettrica venne colpito da una vigorosa scarica elettrica che, in condizioni normali, non gli avrebbe dato scampo.

I medici decretarono quindi l’eccezionalità di questa sopravvivenza, con la totale assenza di danni ai tessuti, a seguito di questa scarica elettrica.

Sperandio Aldeni venne quindi dimesso e, in poco tempo, tornò alla sua vita normale.

Tutto ciò venne considerato un miracolo e nel 2009 don Carlo Gnocchi venne dichiarato beato da papa Benedetto XVI.

(Foto: ANA Conegliano).
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