Viaggio nella Piccola Comunità di Conegliano: lavoro e vita collettiva come ‘antidoto’ alle dipendenze

Quella della Piccola Comunità di Conegliano è una storia lunga ben 47 anni: era il marzo del 1973 quando il Comune concedeva la struttura in affitto ai salesiani, i quali avevano in mente il progetto di trasformarlo in un luogo di accoglienza per chi si era smarrito nell’impietoso vortice delle dipendenze e potesse, quindi, avere l’opportunità di ricominciare.

Da lì è nata la Piccola Comunità, associazione la cui sede principale si trova collocata nella strada verso il castello di Conegliano e guidata dal 2010 dal presidente Flavio Silvestrin, con il sostegno della direttrice Alessandra Dussin.

Un luogo che, grazie alla propria ubicazione geografica e alla vista di cui gode, offre ai propri utenti la possibilità di innamorarsi del posto e, di conseguenza, di superare quel senso di isolamento che potrebbero percepire durante il tempo trascorso lontano dal mondo esterno.

Una realtà, quindi, che vede il sostegno del Comune e del Serd (Servizio dipendenze dell’Ulss), con cui vengono messe a punto delle attività di carattere terapeutico-riabilitativo, come ad esempio l’organizzazione di uscite all’aperto, vere e proprie occasioni per riflettere e lavorare su di sé e le proprie emozioni.

Ma oltre a quella di Conegliano, l’associazione si compone di altre due sedi: la fattoria sociale “La Mondaresca” di Tarzo e la casa famiglia di Fontanellette  frazione del Comune di Fontanelle -, aperte a quanti abbiano necessità di ritrovare le risorse personali, relazionali e lavorative, uscendo da una significativa condizione di mancato sostentamento.

“Tutto ha avuto inizio con don Gigi Vian e con il cofondatore don Antonio Zuliani, scomparso nel 2009. – ha raccontato il presidente Silvestrin – Successivamente, i salesiani si sono ritirati e non hanno mandato più nessuno, quindi la storia è proseguita con un consiglio di amministrazione di laici”.

Il percorso è continuato attraverso la costituzione di una vera e propria associazione, caratterizzata da un consiglio di amministrazione, un collegio sindacale e alcuni consulenti. In tutto, quindi, le sedi sono tre, per un totale di circa 30 dipendenti e 90 ospiti, ognuno di essi seguito a seconda di quella che è la vicenda che l’ha condotto fin lì.

Tante storie che vanno a intrecciarsi tra loro e che si riversano sull’associazione Piccola Comunità, dove viene tesa una mano per far ritrovare un senso alla propria esistenza e potersi davvero riscoprire prima di riprendere una nuova vita.

Come spiega Alessandra Dussin, infatti, le persone vengono accolte in maniera diversa e secondo un percorso scandito in tre fasi diverse tra loro. L’accoglienza è la fase iniziale di ambientamento e prevede un distacco temporaneo dal mondo esterno, affinché l’utente possa concentrarsi su di sé.

Successivamente si passa al residenziale, dove avviene una maggiore consapevolezza delle regole, per poi giungere alla fase di sgancio, nella quale gli utenti, seguiti da un operatore, si affacciano al mondo esterno nella ricerca di un lavoro.

Tutte e tre le sedi sono accomunate dagli incontri settimanali di psicoterapia e dal supporto educativo dello psicologo. La fattoria di Tarzo, coordinata da Laura Migotto, a tal proposito, è un esempio di quanto il lavoro quotidiano e l’educazione alla vita collettiva vengano utilizzati come ‘antidoto’ alle problematiche di dipendenza dei propri ospiti.

La cura degli animali – in particolare di 40 capre -, la produzione del formaggio, oltre ad altre attività legate alla lavorazione del legno, sono solo alcuni degli impegni che scandiscono le giornate degli utenti, alcuni dei quali hanno avuto modo di riscoprire una certa manualità, con la creazione di casette per pipistrelli, panche e porta caciotte.

La cura delle dipendenze e delle difficoltà personali, quindi, diviene un momento di conoscenza e interpretazione di se stessi. Un percorso sicuramente non semplice, che vede anche l’aiuto dei volontari del Servizio civile e di Debora Basei, con i suoi progetti artistici legati al mondo del riciclo.

Una realtà, quindi, quella dell’associazione Piccola Comunità che vuole lanciare il messaggio di quanto sia fondamentale il riconoscimento delle proprie difficoltà e della costruzione di relazioni sane, utili per fare rete e non lasciarsi reciprocamente da soli.

(Fonte: Arianna Ceschin © Qdpnews.it).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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