Don Ado Sartor, rettore del Santuario della Madonna della Rocca: “Qui la fede c’è e sono ripresi i pellegrinaggi. Ma per entrare serve contegno”

Don Ado Sartor, rettore del Santuario della Madonna della Rocca di Cornuda, è ottimista per il futuro di questo importante luogo di fede nel territorio trevigiano.

Dopo due anni di pandemia, sono tornati i pellegrinaggi in questo luogo di fede frequentato da persone che arrivano anche da altre regioni italiane e non solo.

“Il mio compito specifico – spiega don Ado -, la mia missione, è seguire la fede e la preghiera nel Santuario della Madonna di Rocca. E qui la fede c’è con la ripresa dei pellegrinaggi e della vita dei gruppi: Il Santuario è meta semplice di preghiera per molti. Con discrezione, con tutte le persone che passano di qui con le svariate, libere e belle intenzioni, cerco di far capire che la Rocca è di tutti, e chi non condivide la fede rispetti questa finalità primaria e poi si goda il suo punto di vista. Come luogo religioso ha bisogno di contegno: è possibile anche l’abbigliamento sportivo, ma non quello da spiaggia”.

“Oltre alla devozione – continua -, c’è il paesaggio stupendo, tanto che mi viene da chiamare Maria, ‘Madonna dell’orizzonte’. Con il gruppo ‘Rocca fede e natura’ procediamo nella conoscenza della flora che si sviluppa tra noi, e abbiamo già dato un saggio pubblico con attività per ragazzi in autunno. Non sarà di meno la fauna e prospettiamo già una conferenza molto interessante nei prossimi mesi. C’è anche un territorio che frequentiamo accanto al Santuario, ci sono le mura medievali, una base di torre del X secolo, un fabbricato del 500 con base medievale e tracce di mura che suggeriscono ricerca e custodia”.

Don Ado ha ricordato che nel territorio sono presenti anche degli archivi storici, a cui attingono molte persone, e che rappresentano strumenti scritti molto preziosi.

“Per Cornuda ci sono stati studiosi – prosegue -, ora si tratta di divulgare, perché un luogo come la Rocca deve parlare molti linguaggi. Per Levada e dintorni, dove la mia appartenenza mi attrezza di una conoscenza maggiore, vedo un borgo, per la sua configurazione quasi unico in Italia. Dovremmo farlo parlare, con segnali antichi, con presenza di caseggiati del 500, 600 e 700, documentati da mappe e storie scritte da notai nostri come Nascimben da Levada, tutto o quasi da conoscere”.

Il rettore del Santuario della Madonna della Rocca di Cornuda ha appena trascritto gli atti del notaio Alvise Bono a cavallo del 1500, del parroco di Onigo e ce ne sono altri che dal 1300 arrivano al 1800. 

“Dalla Rocca si vede Onigo, con la storia degli Onigo e non solo – conclude – Mi ricordo di 30 anni fa quando, da una crepa del muro, ho potuto fotografare per primo un crocefisso fantastico nella chiesetta di San Martino del Bosco e l’ho fatto conoscere per il mio 25esimo di sacerdozio. Pensare che da quella chiesetta, anteriore al mille, è partita la fede della parrocchia di Onigo, la mia fede. Attorno ci sono i resti umani del cimitero di allora, anche se purtroppo è rovinato. Terreno certamente sacro per la fede e per la storia. Vonico è quella località, che dà nome ai Conti di Onigo, poi farà un tutt’uno con San Zeno di Rovigo, scendendo giù nel 300, lasciando il santo lassù, ma portando giù il toponimo Vonico”.

Don Ado ha detto che la terra in cui opera “scotta per tanti valori” e il suo monito è chiaro: “Se non siamo appassionati, troveremo tante guerre che cancellano silenziosamente le nostre radici”. 

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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