A poco più di dodici mesi dall’ingresso delle truppe dannunziane, stava regnando la calma nella città di Fiume: è qui che sono state ambientate le varie puntate della rubrica di Qdpnews.it, giunta ormai al suo ultimo episodio, che ha visto come protagonista uno dei sette giurati di Ronchi, Riccardo Frassetto, originario di Crocetta del Montello, e con la voce narrante del nipote Giorgio.
Era il 23 settembre, quando D’Annunzio ordinò di ripristinare la Legione di Ronchi: “Il tenente Riccardo Frassetto – recitava il comunicato emanato dal comandante – uno dei sette ufficiali Giurati di Ronchi, è incaricato di ricostituirla alla misura di una fede che fino a ieri fu la gloria dei miei Granatieri e che non deve essere più profanata da estranei. Viva la Legione di Ronchi”.
Ai primi giorni del mese di novembre giunse la notizia dell’intesa raggiunta tra il governo di Roma e quello di Belgrado, con il delineamento dei confini e l’ordine di abbandono della Dalmazia; trattato, subito, molto contestato e addirittura non riconosciuto dalla Reggenza del Carnaro e dal Consiglio comunale di Fiume. Durante l’incontro con il comandante D’Annunzio, il generale dell’esercito Caviglia gli anticipò ufficiosamente alcuni passaggi dell’Accordo: la città di Fiume sarebbe stata indipendente e i confini sarebbero stati stabiliti con delimitazioni molto ristrette e vicine alla città. A scoprire l’esistenza di un accordo segreto fu il Servizio informazioni di Fiume: le aree sarebbero state in seguito cedute alla Jugoslavia.
Intanto, a Zara e in altre città dalmate si susseguirono manifestazioni di protesta e il governo italiano lanciò degli ultimatum a Gabriele D’Annunzio, schierando anche navi da guerra all’imboccatura del porto. Il 30 novembre, il Comandante dispose che fosse proprio Riccardo Frassetto, di Crocetta del Montello, ad “impedire con ogni mezzo la partenza delle Regie Navi, coordinando le azioni di terra e di mare”. Lo stesso giorno il generale Caviglia intimò a D’Annunzio di sgomberare, lanciando anche degli appelli alla diserzione destinati alle truppe della Reggenza.
Successivamente, Fiume fu raggiunta da una missione di parlamentari e dopo comunicati, smentite, note, lettere e varie scaramucce, si cercò di giungere a una soluzione che evitasse il conflitto, invano: il generale Caviglia ordinò il blocco effettivo per terra e per mare al territorio dello stato di Fiume. D’Annunzio scrisse poi al tenente trevigiano Frassetto: “Mio caro Frassetto…ho ricevuto un ultimatum, a cui risponderò per le 18. Dalla mezzanotte Fiume sarà in stato di guerra. Conto su tutti miei compagni, ma specialmente su voi”.
Alla vigilia del Natale, le prime ostilità tra i reparti e le truppe legionarie. Caddero i primi morti, da entrambe le parti vennero fatti prigionieri. Venne fatto saltare nella notte il ponte sul fiume Eneo, strategico per l’ingresso in città. Le giornate si macchiarono di sangue.
Nelle prime ore del 26 dicembre si scatenò il fuoco, ma i legionari fermarono l’avanzata regia e misero in fuga gli assalitori. Nella tarda mattinata l’artiglieria regia tirò granate su Fiume; nel primo pomeriggio, la corazzata Andrea Doria si posizionò davanti al porto e delle cannonate centrarono la finestra dell’ufficio del Comandante, che venne ferito alla testa.
Il giorno seguente il Podestà Gigante, preoccupato dei pericoli che la città correva con le ostilità in corso, chiese l’immediata cessazione del fuoco. Nel frattempo, gli scontri continuavano a mietere vittime tra i ricoverati e la cittadinanza. Con il generale Ferrario, venne concordata una tregua fino alla mezzanotte del 30 dicembre, data in cui D’Annunzio depose i pieni poteri conferitigli il 12 settembre dell’anno precedente.
Il 31 dicembre, con il Trattato di Abbazia, si conclusero i sei tristi giorni che sarebbero poi passati alla storia come “Il Natale di Sangue”, mettendo fine ad una tragedia con ben sessanta morti tra militari e civili.
Con questo suo ultimo episodio, la rubrica è giunta al termine.
A suggello delle preziose testimonianze su un personaggio del nostro territorio, si riporta il testo integrale dell’alto encomio, scritto da D’Annunzio, al crocettano Frassetto: “Il tenente dei Granatieri Riccardo Frassetto fu il più attivo, e il più a me vicino, tra i sette giurati di Ronchi. Dopo la Marcia, dopo l’occupazione di Fiume, per sedici mesi di invitto supplizio io l’ebbi sempre al mio fianco, cooperatore costante e vigilante. La sua sagacità è pari alla sua probità, il suo valore è pari alla sua modestia, la sua diligenza è pari alla sua attenzione. Fra tutti i miei Legionari egli è veramente esemplare. Non mai la più lieve ombra passò tra lui e il suo capo. In ogni occasione, nella più triste, nella più lieta, la sua luminosa sincerità non ebbe mai oscuramento”.
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