Siamo giunti alla terza puntata della nostra rubrica “Da Crocetta a Fiume”, in cui ad accompagnarci e guidarci in questa narrazione è Giorgio Frassetto, nipote di Riccardo Frassetto, giovane tenente dei Granatieri di Sardegna originario di Crocetta del Montello.
Nello scorso episodio (qui l’articolo) il narratore aveva esposto le ragioni che avevano spinto i sette ufficiali – Riccardo Frassetto, Vittorio Rusconi, Claudio Grandjacquet, Rodolfo Cianchetti, Lamberto Ciatti, Enrico Brichetti e Attilio Adami – a diventare “i Sette Giurati di Ronchi” e ad andare a Venezia da Gabriele D’Annunzio.
Il legame tra il celebre poeta e Riccardo Frassetto, zio del protagonista del video, sono invece state spiegate nella prima puntata (qui l’articolo) di questo affascinante percorso storico che si snoda tra le vicende del secondo decennio del Novecento, post Grande Guerra.
Dopo essere stato nominato fiduciario, Frassetto si recò a Venezia per conoscere le ragioni della mancata venuta al primo appuntamento di Ronchi del comandante D’Annunzio. In quell’occasione l’ufficiale fece presente al comandante che a Ronchi c’era un “battaglione di uomini in fermento e che la più piccola indiscrezione poteva compromettere tutto”, sottolineando l’urgenza di un’azione entro quarantotto ore.
D’Annunzio gli fornì allora allora le indicazioni necessarie per ripartire il giorno stesso per Ronchi con la sua macchina, la rossa Fiat 501.
L’attendente Rossignoli lo accompagnò a San Giulian, dove lo attendeva lo “chauffeur” Basso per portarlo a destinazione entro sera. Da lì avrebbe proseguito per Fiume e avrebbe contattato Host Venturi, per informarlo dell’arrivo in città la mattina del dodici dello stesso mese di settembre.
È avvincente poi il racconto del viaggio di Frassetto: lo scaraventare dell’auto con l’impennata dell’autista Basso; la sosta nei pressi di Portogruaro a causa dell’arroventamento delle ruote tanto da temerne lo scoppio, risolto con il rovesciamento di secchi d’acqua per raffreddarle; la brusca ripartenza che provocò un violento scontro con un gruppo di oche, “tanto che Frassetto si trova fra le mani un pezzo d’ala di un pennuto”, le sorprendenti velocità segnate dal tachimetro che arrivavano anche ai cento all’ora, una pazzia per quei tempi.
Giunto finalmente a Ronchi, Frassetto consegnò al maggiore Reina la lettera del Comandante, in cui era scritto “giovedì sarò a Ronchi per partire verso il gran destino”.
Mentre erano alla ricerca di automezzi, infruttuosa all’autoparco di Trieste e fortunata invece in quello di Palmanova, il tenente Frassetto assieme al collega Rusconi proseguì per Fiume, dove trovarono il capitano Host Venturi, a cui consegnarono la lettera ma che, sorprendentemente, apparve indifferente alla notizia dell’imminente arrivo.
Tornato a Venezia, Frassetto comunicò al comandante D’Annunzio che il battaglione a Ronchi era pronto e che gli automezzi erano stati trovati all’autoparco di Palmanova.
Partirono, assieme al Comandante Poeta, il tenente Keller, l’attendente Rossignoli e il tenente Riccardo Frassetto, di Crocetta del Montello, che ricorda e suggella quel momento con una frase che riporta nel suo libro: “Al via, sento in me lo scoccare di un attimo storico. Sono le ore quattordici e minuti trenta dell’11 settembre 1919”.
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