Il tema del bacino di laminazione sulle Grave di Ciano ha infiammato le ultime giornate, con dichiarazioni giunte da molteplici attori come l’assessore all’ambiente Gianpaolo Bottacin e il consigliere regionale dem Andrea Zanoni. Il Comitato per la Tutela delle Grave di Ciano, capitanato dal presidente Franco Nicoletti, ha deciso di intervenire, ribadendo la propria precisa posizione.
“Vorremmo prima di tutto chiarire – spiega Nicoletti – che Bottacin attacca in modo palese i processi di democrazia partecipativa e questo affermando che i ritardi nella realizzazione delle opere e il pericolo idraulico sarebbero imputabili ai Contratti di Fiume”.
Questo strumento nasce per trovare degli accordi tra soggetti che hanno responsabilità nella gestione e nell’uso delle acque, nella pianificazione del territorio e nella tutela dell’ambiente. “Sono trascorsi 50 anni dai lavori della Commissione De Marchi – continua Nicoletti – e nessuna opera è stata realizzata per la sicurezza idraulica del bacino del Piave. Il modello di sviluppo della Regione Veneto si è imperniato sullo sfruttamento del consumo di suolo, disseminando il territorio di zone industriali, capannoni ed estese zone residenziali anche in aree vulnerabili, aumentando il rischio idraulico, anziché contenerlo”.
Negli ultimi anni sono stati attivati numerosi processi di Contratto di Fiume sia in Italia che in Europa, e molti di loro hanno portato a conclusione il proprio percorso, ottenendo dei buoni risultati. Di certo è sotto gli occhi di tutti come il territorio veneto sia molto vulnerabile da un punto di vista idraulico e geologico e determina uno stato di perenne affanno ed emergenza: “Questo è causato dalla mancanza di una cultura di efficace prevenzione – ribadisce il Comitato – e i Contratti di Fiume servono a conoscere, progettare, programmare in modo condiviso la tutela del territorio”.
“Le Grave di Ciano sono riconosciute dalla Comunità Europea come zone ZSC e ZPS all’interno di rete Natura 2000, le massime protezioni ambientali europee e ancora ci chiediamo come si possa voler costruire un’opera da 77 milioni di euro con un invaso capace di contenere 38 milioni di metri cubi d’acqua, scartando a priori il sito più idoneo di Ponte di Piave, nonostante le indicazioni date dall’allora Autorità di Bacino tramite il piano stralcio sicurezza idraulica” sottolinea.
“L’assessore Bottacin ha poi parlato di un’unica amministrazione contraria, noi invece ricordiamo che si sono espresse negativamente le amministrazioni comunali e i Sindaci dei Comuni di Crocetta del Montello, Montebelluna, Caerano di S. Marco, Volpago del Montello e Nervesa della Battaglia. Ribadiamo comunque per l’ennesima volta che come Comitato siamo a completa disposizione per partecipare in modo costruttivo al tavolo di concertazione al fine di individuare assieme scelte che possano scongiurare, se possibile, la realizzazione di opere dal così alto impatto ambientale ed economico come le casse di espansione”.
“A riprova di ciò abbiamo inviato cinque comunicazioni scritte, due alla Regione e tre all’Autorità di Distretto, la prima ancora a marzo, a cui ci è stato risposto che terranno in considerazione la nostra disponibilità e che ci terranno aggiornati sugli sviluppi, di cui a tutt’oggi non abbiamo avuto alcuna notifica. Si sono così persi 9 preziosi mesi in cui si sarebbe potuto portare avanti il progetto” conclude.
(Fonte: Ylenia Bigolin © Qdpnews.it).
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