La prime scintille di Fiume: da villa Pontello, il secondo episodio del racconto di Giorgio Frassetto, nipote di uno dei sette giurati di Ronchi

Continua il nostro viaggio a fianco dei Legionari di Ronchi verso la città di Fiume, grazie alla narrazione ormai rodata 7di Giorgio Frassetto, nipote del tenente Riccardo Frassetto, originario di Crocetta del Montello.

Nella scorsa puntata (qui il link) Giorgio Frassetto aveva raccontato le origini dell’incontro tra suo zio e Gabriele D’Annunzio, raccolte nel libro “I Disertori di Ronchi”: in questa seconda puntata si spiegano le motivazioni che hanno indotto i sette ufficiali a giurare “Fiume o Morte” e ad andare da lui a Venezia.

Quando il tenente Frassetto arrivò da Parma a Fiume, al comando di due plotoni, percepì fin da subito una certa tensione: “A Fiume regna un forte malcontento e tra i contingenti militari non scorre buon sangue, specie fra le truppe italiane e quelle francesi”. Il suo piccolo corpo d’armata sfilò su viale 18 Novembre, dove venne accolto dalla banda del reggimento e da una folla che sventolava bandiere tricolori.

Lo zio venne assegnato a una compagnia nel sobborgo di Sussak – spiega il nipote Giorgio, indicando un quartiere sulla mappa della città – La zona era frequentata principalmente da croati, che odiavano cordialmente gli italiani e se la facevano con i francesi”.

Sussak era collegata alla città tramite un ponte sul fiume Eneo che faceva da confine tra i cittadini di lingua italiana e quelli di lingua croata.

La prima scintilla brillò una sera di luglio quando dei soldati francesi, probabilmente ubriachi, strapparono dal petto di una signorina la coccarda tricolore. 

Intervennero dei soldati italiani e l’affronto generò una sparatoria nella quale morirono ben nove francesi: il sanguinoso episodio è ricordato con il nome di “Vespri Fiumani”.

La colpa venne attribuita ai Granatieri e la Commissione Interalleata diede all’improvviso l’ordine di rientrare in Italia con partenza a mezzanotte e poi, causa proteste, il via al treno venne rinviato al mattino. Il gruppetto di sette ufficiali, aiutati da una vedova patriota e di stirpe veneta, decise in un primo momento di restare a Fiume ma poi desistette e si unì al resto della truppa. 

Prima della partenza per Ronchi di Monfalcone, i sette animarono il popolo a protestare e il Frassetto racconta, nella sua testimonianza, che alcune donne fiumane stesero a terra delle bandiere italiane davanti ai Granatieri in marcia affinché non le calpestassero e non abbandonassero la città.  

Una volta a Ronchi, gli ufficiali lessero su un giornale che l’Intesa Interalleata aveva stabilito lo sgombero da Fiume di quasi tutte le truppe italiane e aveva disposto l’arrivo di un contingente di poliziotti maltesi, che si dicevano essere sottomessi agli inglesi. 

Così i sette decisero di giurare fedeltà alla causa di Fiume: il giuramento venne letto a voce alta, tenendo la mano destra sul pugnale e poi sottoscritto da Riccardo Frassetto, Vittorio Rusconi, Claudio Grandjacquet, Rodolfo Cianchetti, Lamberto Ciatti, Enrico Brichetti e Attilio Adami.

(Foto e video: Qdpnews.it – riproduzione riservata)
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