Farra di Soligo, Follina e San Pietro di Feletto: i nostri paesi cent’anni fa

Il grande lavoro che sta facendo il professor Enrico Dall’Anese è proseguito in questi mesi con uno sguardo a com’erano Farra di Soligo, Follina e San Pietro di Feletto esattamente cent’anni fa.

La rubrica, ospitata ogni mese dal magazine Eventivenetando, raccoglie fatti, avvenimenti o aspetti della vita riguardanti i singoli paesi della nostra zona un secolo fa.

Farra di Soligo 100 anni fa

Il 1922 si apre con il passaggio per Farra, proveniente da Vittorio Veneto, del Principe del Piemonte S. A. R.  Umberto di Savoia, figlio del Re Vittorio Emanuele III ed Elena Petrovic.

Le campane suonano per tre quarti d’ora. Ad attenderlo ci sono il sindaco Vito Vendramini, l’arciprete, le autorità, le maestre, il segretario e circa 2.000 persone. Le case sono imbandierate e pavesate. Il corteo reale è composto di 20 automobili.

Il 3 marzo viene avviato il progetto per un prolungamento delle linee elettriche.  I consiglieri delle varie borgate presentano un elenco delle lampade mancanti e indicano il consumo approssimativo.

Si iniziano le pratiche per collegare l’ufficio telegrafico del capoluogo con gli uffici postali delle frazioni mediante linee fonotelegrafiche. La palificazione per Soligo già esiste, i pali per Col San Martino vengono forniti dagli stessi abitanti.

Tramite il consiglio comunale diversi commercianti esprimono l’esigenza che la corriera automobilistica non faccia capo a Levada, ma prolunghi il suo percorso fino a Cornuda dove c’è lo scalo che favorisce il trasporto delle merci.

Il 4 novembre aprono le scuole: si effettua la pulizia delle aule, si provvede la legna da ardere, si acquista una stufa Franklin.

Discreta l’annata agricola. Scrive don Calderer: “Fu un anno abbastanza buono. Il raccolto dei bozzoli fu abbondante e ben pagato. Il raccolto del frumento soddisfacente; il fieno, buono; gli animali non ebbero malattie infettive; il granoturco fu abbondante; vi fu un po’ di siccità, ma non dannosa. La fillossera invece continuò a fare strage delle viti e molti tentano di piantare viti anti fillosseriche. Il raccolto del vino fu discreto”.

A proposito di fieno, il Comune abolisce la “questua del fieno” per i cavalli. Era così definita popolarmente la consuetudine degli agricoltori di offrire fieno ai medici come segno di gratitudine dato che essi praticavano loro una tariffa inferiore a quella a cui avrebbero avuto diritto. Il Comune, in compenso, decide di aumentare lo stipendio ai medici comunali di lire 100 mensili “per l’uso del cavallo in considerazione dell’elevato costo dei foraggi”.

Follina 100 anni fa

Siamo negli anni del primo dopoguerra. Nel borgo industrioso di Follina con fornaci da calce e cementi e opifici per la filatura e tessitura della lana, si cerca di darsi una parvenza di normalità. A poco a poco riaprono le banche, come la Mutua popolare di Vittorio e l’Unione Bancaria Veneta, e gli alberghi di Nemesio Gibellini e di Luigia Gasparini.

La Società Elettrica di Valdobbiadene ripristina l’illuminazione. Riaprono il Caffè di Elisabetta Favero e i liquori di Giovanni Da Broi.

Risorge anche la Filodrammatica follinese che il 19 febbraio 1922, con il circolo giovanile cattolico Santa Maria, recita il dramma in tre atti “Sant’Eustacchio”.

Ma con il conseguimento di una vittoria che fu definita presto “mutilata”, la vista di case depredate, patrimoni dispersi, campi sconvolti e famiglie stroncate non poteva non ingenerare negli animi di molti l’amarezza e la sfiducia davanti alla vastità dei bisogni e alla scarsità dei rimedi.

Nel triennio 1919-1922 anche la Vallata è travagliata da profonde lotte politiche e sociali.

Socialisti, cattolici e repubblicani vanno organizzando, ognuno con scopi diversi e per proprio conto, gli operai, i contadini e i mezzadri.

Nel febbraio del 1920 anche i lavoratori della Vallata entrano in sciopero. Una colonna di circa 2000 dimostranti, dopo aver imposto la chiusura dei Municipi di Cison, Miane e Follina, appicca il fuoco al cantiere della Cooperativa di lavoro di Col San Martino e occupa quindi il Municipio di Farra togliendo la bandiera. Il giorno dopo, il 24 febbraio, armati di randelli, tridenti e bastoni ferrati, gli scioperanti occupano anche il Municipio di Pieve. Scoppiano degli incidenti e due dimostranti cadono uccisi.

Nelle elezioni amministrative del maggio 1921, si confermava la tendenza emersa negli anni precedenti. Il Partito popolare e quello socialista diventavano partiti di massa a scapito delle forze politiche tradizionali. I popolari ottenevano 256 voti (39%) e i socialisti 63 (10%). Ma non si avvertiva nella sua gravità il sopraggiungere del pericolo fascista.

Sui muri cominciano a comparire grosse scritte “W Mussolini, W i fascisti, W D’annunzio”. Gli aderenti alla parte opposta rispondono con scritte sconce e triviali provocando lo sdegno dei fascisti della zona che minacciano di far intervenire i fascisti di Conegliano e Vittorio per una “spedizione punitiva”. Il clima di contrasti, vecchi rancori, aperte provocazioni si prolunga per tutto il 1922.

Il 28 ottobre 1922 in Italia migliaia di fascisti si dirigono sulla capitale minacciando la presa del potere con la violenza. È la “Marcia su Roma”.

La manifestazione ha termine il 30 ottobre, quando il re Vittorio Emanuele III incarica Mussolini di formare un nuovo governo.

San Pietro di Feletto cent’anni fa

Il 1922 si apre nel Feletto con il debutto, dopo la Grande Guerra, della Compagnia Filodrammatica che, applauditissima, dà il dramma “I due pagliacci” e la farsa “Pipino in viaggio”. La recita, pro Asilo, avviene nel salone del Municipio. Regista è il sig. Spagnoli; l’artista Giovanni Molena dà un saggio del suo genio dipingendo le scene.

Per iniziativa dell’arciprete di Rua il 7 marzo si ricostituisce anche la Banda musicale, diretta dal maestro Erminio Ceschin, che si esibisce nella cerimonia di commemorazione dei soci caduti in guerra.

Festa grande a Rua il 7 maggio. Arrivano le nuove campane, fuse dalla Fonderia Colbacchini di Padova. Dalla stazione di Conegliano un lungo corteo sale il “dilettoso colle” di Rua ai cui confini ci sono ad attenderle la Filarmonica e i fanciulli delle elementari sventolanti un’infinità di bandierine multicolori. Una coincidenza: su ordine del Comando supremo austriaco, le antiche campane erano precipitate dalla torre per essere convertite in strumento di morte esattamente quattro anni prima. Per la circostanza grande pesca di beneficenza con oltre 5.000 premi tra cui quello inviato da Papa Pio XI. Gli artigiani del paese offrono i loro prodotti in vimini, gli artisti le loro specchiere. Nel pomeriggio corse sui somari e cuccagna, la sera fuochi artificiali e illuminazione. Oltre alle campane si inaugura anche il restauro decorativo della parrocchiale, operato dalla Società di decoratori di Conegliano diretta da Giuseppe Saccin.

Nel 1922 la cronaca locale si occupa della farmacia che “rende poco” e il titolare è tentato di chiudere costringendo in tal caso i Felettani a recarsi a Conegliano o a Tarzo. Il Comune cerca di dissuadere il farmacista elargendo un contributo.

La cronaca si occupa anche della piccola Maria Zanin di Santa Maria, che rischia grosso all’ospedale di Conegliano, morsa da una vipera. La bambina stava camminando scalza, come abitudine allora, per una via di campagna.

(Autori: Enrico Dall’Anese e Debora Donadel – Eventivenetando)
(Foto: Eventivenetando)
(In collaborazione con Consorzio Pro Loco  –  Quartier del Piave)

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