“Se non ci sono psichiatri assumiamo psicologi”: è questa la proposta di Maria De Nardi, presidente dell’associazione Psiche2000 che da oltre 25 anni si occupa di affiancare le persone con disturbi psichici in un percorso riabilitativo. “Quello che è successo mercoledì non è colpa del malato ma della malattia”.
L’omicidio di Elisa Campeol all’Isola dei Morti ha messo alla luce la mancanza di personale medico di questo settore: “Nella nostra Ulss mancano 19 psichiatri, non uno o due – afferma De Nardi – oltre a figure professionali come educatori, assistenti sociali e tecnici della riabilitazione. Ci dicono continuamente che è molto difficile trovare questi specialisti. Al contrario ci sono tanti psicologi, nonostante anche questi siano in numero minore rispetto alle necessità, ma quest’ultimi potrebbero essere assunti per dare supporto ai pochi medici rimasti”.
Questa mancanza di personale cosa comporta?
“Vengono a mancare la prevenzione e le cure perché, essendo in numero inferiore rispetto alle necessità, è normale che abbiano meno tempo da dedicare ai pazienti. Nell’ultima assemblea che la nostra associazione ha organizzato con le famiglie dei malati psichici è emerso questo problema: le famiglie lamentano una minore attenzione rispetto agli anni scorsi. Manca la programmazione delle visite e, per quanto bravi i medici possano essere, se manca il tempo manca tutto. In questo periodo di pandemia le richieste di aiuto sono aumentate in questi ultimi quindici mesi, mettendo ancora più a dura prova un comparto sottotono”.
Secondo lei questa tragedia poteva essere evitata?
“Io non posso entrare nel merito specifico del caso dell’omicidio di mercoledì, anche se secondo me è una vicenda veramente assurda per essere stata compiuta da una persona solamente malata. Non è stato solamente un raptus perché è strano che un malato riesca a programmare in maniera così lucida un fatto del genere. In ogni caso, se ci fosse una maggiore attenzione nel territorio nel supportare le persone ammalate, secondo me non dovrebbero succedere queste cose, può essere che la famiglia chiami e magari i medici non ci sono, ci mettono tanto ad arrivare o sottovalutano il problema per una mancanza di tempo. È tutto collegato alla mancanza di personale”.
In questi giorni si legge che Fabrizio Biscaro aveva sospeso le cure: secondo lei è possibile che accada una cosa del genere?
“Questo è un tassello dolente, nel senso che non si può obbligare nessuno a prendere farmaci o a curarsi, però insisto nel dire che se ci fosse più tempo da parte dei sanitari per convincere la persona a capire il motivo del suo rifiuto alle cure e invogliarlo a prenderli tenendolo sotto controllo, la questione sarebbe diversa. E non mi riferisco solo al caso di Biscaro ma a tanti altri ‘casi sommersi’ che non conosciamo perché magari non sfociano in una violenza”.
Di cosa si occupa l’associazione “Psiche2000” di cui lei è presidente?
“Oltre a supportare i famigliari che ci chiedono aiuto, grazie a degli accordi con l’azienda sanitaria che durano da circa 15 anni, stiamo organizzando dei laboratori riabilitativi facendo teatro, psicofitness, giornalismo, cucina, lavoro a maglia, serigrafia, Marketing museale e Qi gong. Dico la verità, gli operatori sono bravissimi e spesso mi chiedo come facciano a fare tutto quello che stanno facendo, ma ripeto: il loro lavoro non è sufficiente, perché mancano 19 medici. A questo proposito abbiamo più volte chiesto di venire ascoltati dal Governatore ma finora non è mai stato possibile“.
Una persona come Biscaro potrebbe guarire con il passare del tempo?
“Dipende dalla patologia, purtroppo la guarigione non è per tutti. Però se la persona che soffre di una patologia grave viene seguita e supportata costantemente può fare una vita normale. Il problema, insisto, è sempre la mancanza di personale. Cosa facciamo, torniamo ai manicomi, a chiudere le persone nelle strutture perché non c’è personale? Se non curiamo le persone arriveremo a questo prima o dopo. Noi vediamo che se le persone sono seguite in maniera costante e corretta possono fare una vita normale come tutti”.
Ci sono responsabilità da attribuire anche alla famiglia?
“Nel caso specifico non lo so, perché non conosco la loro situazione. Sicuramente sento tante famiglie disperate che non hanno il supporto adeguato; magari i famigliari chiedono aiuto e non trovano la risposta immediata. Molto spesso la famiglia non è in grado di capire il malessere del proprio congiunto. Poi c’è anche da dire che un genitore non è né psicologo né psichiatra. A un figlio si tende sempre a credere, sperando che possa guarire e stare sempre meglio”.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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