Una delle doti che vanno riconosciute a Marino Bartoletti è la capacità di catturare l’attenzione tanto di chi ama il calcio quanto di chi al mondo del pallone non s’interessa affatto. Ospite ieri sera del secondo appuntamento con “Incontri&Racconti” all’Auditorium di Santo Stefano, il giornalista sportivo – anche se è riduttivo definirlo così – è riuscito a spaziare dal Festival di Sanremo all’amicizia con Enzo Ferrari fino alle fantasie di un piccolo Marino, “quello senza baffi”, che ogni tanto riemerge immaginando fantomatiche partite di calcio tra i campioni del passato.
“Quel piccolo Marino ogni tanto bussa alla porta e chiede dove vanno a finire i grandi campioni che non ci sono più” ha spiegato il giornalista in merito alla nascita del suo ultimo libro “La partita degli dei”.
Immaginiamo da una parte Maradona, Vialli, Meroni, Facchetti, Scirea, Paolo Rossi e Valentino Mazzola (per citarne alcuni), e dall’altra la squadra “straniera” di Pelé, Cruijff, Eusébio, Di Stéfano, Puskás, Jašin e Best sfidarsi sul medesimo campo da gioco.
“Il pretesto è quello calcistico, un po’ come avveniva a “Quelli che il calcio” dove si partiva dal calcio per poi parlare di altri argomenti. Qui certo, c’è una partita di calcio, quella degli dei, ma occupa solo le ultime 40 pagine del libro. Nelle 340 pagine precedenti ci sono storie di vita, di uomini, racconti di vite scellerate, di vite perdute e recuperate, di carezze mancate”.
“La partita degli dei” è il quarto libro di una serie iniziata con “La cena degli dei”. Lo schema è più o meno lo stesso. “Sono libri dedicati a grandi che non ci sono più – ha raccontato l’autore dialogando con la giornalista Adriana Rasera – Ho immaginato dei luoghi dove potessero incontrarsi ‘traslocando’ la loro genialità e follia, cogliendo il pretesto per raccontare la loro meravigliosa umanità”. Alla cena degli dei si ritrovano sportivi ma anche grandi dello spettacolo. Ci sono Marco Pantani, Sic Simoncelli, Maria Callas, Luciano Pavarotti, Lady D., Fabrizio Frizzi, Nuvolari, Senna, Baracca e soprattutto Enzo Ferrari.
“Enzo Ferrari era una persona di cui mi onoro di essere stato amico. In quel libro ho voluto rendere giustizia al suo tratto umano, quello che non emergeva celato dietro alla sua durezza”. “Ho iniziato a scrivere libri a 70 anni, e dopo il primo mi sono ripromesso che non ne avrei scritti altri – ha spiegato Bartoletti – Ora siamo arrivati al quarto e vi posso già annunciare che ce ne sarà un quinto che si chiamerà ‘Il Festival degli dei’“.
Grande appassionato del Festival di Sanremo del quale è uno
fra i più noti opinionisti, Bartoletti ha commentato così l’edizione appena conclusa. “Si è visto di peggio, e comunque in generale diffido di chi non ama il Festival. Sanremo, che piaccia o meno, è il nostro specchio: è l’unica grande manifestazione che presidia integralmente l’Italia dal dopoguerra. Il Festival ha raccontato l’Italia con i suoi slanci, i suoi talenti, le sue cadute e risalite, con le sue ingenuità e le sue tragedie. Sanremo ci riflette. Poi chiaro, c’è chi può ritrovarsi di più in Massimo Ranieri che in Rosa Chemical”.
“L’anno prossimo il Festival compirà 75 anni: un anniversario per cui vorrei immaginare tutti i grandi che hanno calcato quel palco contendersi il Leone d’oro. Che cosa potrà venirne fuori? Magari ne riparleremo assieme proprio l’anno prossimo, qui a Farra di Soligo”.
Ma non solo dal palco di Sanremo, anche a bordo campo facendo le radiocronache nei decenni Marino Bartoletti ha visto l’Italia cambiare. “Quello che rimpiango l’ho messo nei miei libri: rimpiango, ma sono anche fiero, di aver toccato con mano dei grandi campioni, cosa che adesso non è più fattibile. A volte i miei colleghi più giovani mi chiedono come facessi ad intervistare Maradona. Io spiego che gli telefonavo a casa e lui mi rispondeva. Oggi una cosa del genere è impensabile”.
Non è mancato infine il ricordo dell’amico Gianluca Vialli a cui Bartoletti ha dedicato il libro.
“Vialli ci ha insegnato la gentilezza, qualità sottovalutata e rara. Gli ho dedicato il libro perché proprio la sua morte ha fatto scattare la scintilla per scriverlo. È stato l’ultimo dei grandi che cito nel romanzo a lasciare questa Terra. Gianluca era un amico, un grande uomo, che è stato capace di darci lezioni di vita anche quanto la vita lo stava abbandonando”.
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