Giuffy Kastrati è nata nel 1994 in Kosovo. All’età di due anni e mezzo è stata affidata a una famiglia trevigiana sentendosi quindi da sempre italiana. “Mi son Veneta parchè mi son de Fuina” ha sempre affermato, ma per essere considerata tale – soprattutto a livello burocratico – mancava sempre qualcosa: la cittadinanza italiana.
Documento che è riuscita ad ottenere, dopo quasi 30 anni, solo qualche giorno fa. “Quando me lo hanno comunicato sono scoppiata a piangere – afferma Giuffy –, tanta era la gioia di questo momento che ho aspettato molti anni”.
Quando sei arrivata in Italia e per quale motivo?
“Cercherò di essere breve anche se 30 anni non sono pochi da raccontare. Sono arrivata in Italia quando avevo due anni e mezzo a causa della guerra in Kosovo. La mia situazione era stata affidata ai servizi sociali del Comune di Follina dove all’epoca il sindaco era Renzo Tonin (primo cittadino per quattro mandati ndr) che è diventato anche il mio papà affidatario. Per dei cavilli non hanno mai potuto adottarmi e questo ha causato diversi problemi a livello burocratico. Ogni anno dovevo andare a rinnovare dei documenti in Questura a Treviso, poi i tempi si sono allungati fino a quando non ho dovuto fare il passaporto.
Questo documento è stato dichiarato nullo a causa del fatto che il Kosovo non ha mai firmato i trattati di pace: quindi, non sono mai potuta uscire dall’Italia”.
Come hai vissuto questa situazione, quella di non poter uscire dall’Italia?
“Ci ho sofferto molto, l’Italia è un Paese bellissimo e io l’ho visitato quasi tutto, però mi piacerebbe vedere anche il resto del mondo, ma senza cittadinanza non potevo farlo se non tramite il visto, ma alcuni Stati non lo permettevano”.
Ti sei comunque sentita sempre italiana…
“Sì perché mi ha cresciuto una famiglia italiana, che mi ha insegnato i valori italiani. I miei genitori affidatari sono due insegnanti con una forte morale che mi hanno trasmesso. Non ho mai voluto sapere nulla del mio Paese d’origine perché io non conosco neppure la lingua: ho imparato l’italiano da subito e non ho mai avuto nessun legame con il Kosovo”.
Quanto hai atteso questo momento?
“Sono stati trent’anni di attesa anche se dalla richiesta della cittadinanza ne sono passati sei. Se ci fosse lo Ius Culturae in Italia, io la cittadinanza la avrei avuta molto prima. In altri Stati, dove questo metodo per ottenere la cittadinanza è presente avendo fatto tutte le scuole, l’avrei ottenuta molto prima”.
Così sarebbe stato molto più semplice, ma come hai fatto ad ottenere la cittadinanza?
“Sono pratiche molto lunghe e costose. Solo per mandare qualcuno a prendere i certificati di nascita nel tuo Paese d’origine devi pagare, e non poco. Secondo me dovrebbero dare la cittadinanza di diritto alle persone che, come me, sono state adottate o affidate a italiani. Io mi sono sempre sentita inadeguata di fronte a molte domande perché non mi sono mai sentita né carne né pesce anche se dentro di me io ho sempre saputo di essere italiana”.
Come hai reagito alla notizia della cittadinanza?
“Sono scoppiata in lacrime. Ho immediatamente chiamato mio papà, e anche lui si è commosso. Ovviamente mio papà e mia mamma erano presenti al mio giuramento”.
Ora che sei cittadina italiana, quali saranno le prime cose che farai?
“Tra le varie cose che farò con i nuovi documenti sarà proprio il cambio del nome e cognome perché desidero mettere Tonin – che è il cognome della mia famiglia affidataria – che voglio ringraziare per tutto quello che hanno fatto per me.
Sarò sempre grata a loro per il gesto d’amore che hanno fatto nei miei confronti e perché mi hanno cresciuta come una figlia naturale, senza discriminazione con i miei fratelli”.
Potrai anche iniziare a girare il mondo…
“E non vedo l’ora: inizierò sicuramente dalla Spagna”.
(Foto: per gentile concessione di Giuffy Kastrati).
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