Giovedì 4 luglio la palestra comunale di Giavera del Montello ha ospitato la presentazione del libro: “Gaza, odio e amore per Israele” del giornalista e conduttore televisivo Gad Lerner.
L’evento rientrava nel programma di incontri della 30esima edizione del “Giavera Festival. Ritmi e Danze dal Mondo – Crocevia di Incontri e Culture”.
L’incontro è stato moderato da don Bruno Baratto, presidente del Giavera Festival, che ha introdotto la serata ripercorrendo brevemente la storia degli ebrei e del popolo palestinese.
“Siamo chiamati a imprigionarci in logiche che provocano in noi turbamento – ha detto Lerner parlando di quello che è successo dal 7 ottobre 2023 in poi tra lo Stato di Israele e il popolo palestinese -. Io credo che anche voi tra il pubblico vi sentite coinvolti e percepite il dovere di schierarvi contro una carneficina perpetrata a Gaza dalle forze israeliane. Nello stesso tempo, però, vi chiedete se il comportamento degli israeliani toglie loro il diritto di esistere. Questa guerra ha per noi qualcosa di diverso dalle altre, non solo sul piano simbolico ma per un particolare intreccio di fattori”.
“In un conflitto di questo tipo riconosco una guerra mondiale in fieri – ha continuato -. Se va avanti l’idea che in Palestina ci possa essere spazio solo per Israele o solo per il popolo palestinese, credo che la guerra si esporterebbe arrivando vicino a casa nostra. Qualcuno pensava di sigillare a Gaza i palestinesi, operando sistematicamente delle azioni per rendere impossibile la loro vita. Il gruppo dirigente israeliano è entrato in una trappola della quale non sa come uscire, mentre Hamas attende e, se questo significa versare del sangue, i fanatici sono pronti al sacrificio”.
“Benjamin Netanyahu da una parte e Hamas dall’altra sono diventati il nemico perfetto – ha proseguito -. Dopo il 7 ottobre, il presidente israeliano ha detto che, da quel giorno, a Gaza nessuno può considerarsi innocente. Dopo 9 mesi di guerra, sono stati uccisi più civili palestinesi che in tutto il periodo precedente. Il fanatismo è figlio di tanti fallimenti e nasce dal rifiuto di cui ti senti oggetto. Il fanatismo è cresciuto di fallimento in fallimento rispetto alla visione laica della convivenza. Per compiere queste stragi devi sentire una legittimazione dall’alto e per questo c’è l’uso della religione quando si compiono stragi di questo tipo”.
“Però – ha aggiunto – non deve essere ripudiata l’idea che Israele abbia il diritto ad avere uno Stato. Alla fine, quando avranno terminato di contare i rispettivi morti, Israele e i palestinesi dovranno convivere riconoscendo le sofferenze dell’altro. Per me la soluzione più realistica resta due popoli e due Stati. Concretizzarlo sarà difficile, ma è necessario ed è l’unica soluzione possibile. Deve nascere uno Stato palestinese e dovremmo sollecitare il nostro Governo a riconoscerlo. Israele ha conosciuto un ciclo di grande crescita economica, abbandonando il modello delle sue origini”.
“Ci sono delle spaccature in una società che doveva motivare la propria unità nell’esclusione del palestinese – ha sottolineato -. Le frantumazioni interne, quindi, ci dicono che i nazionalismi non compattano i popoli ma li frazionano. I due popoli nei due stati dovranno sviluppare la loro libertà in uno spirito democratico. Purtroppo, vediamo che talvolta le proteste dei giovani a livello internazionale, rispetto alla situazione a Gaza, si trasformano in negazione dell’esistenza dell’altro. Dobbiamo sforzarci di essere giusti, porci nei panni dell’altro e rassicurarlo quando si parla della fine del conflitto”.
“La guerra produce tifoserie grossolane e genera altro odio – ha concluso -. Invece noi dobbiamo trovare il modo di rassicurare i due popoli nemici. Convincerli, a partire dalle loro sofferenze (la Shoah e la Nakba), che la convivenza è l’unica soluzione ragionevole ma anche rasserenante per loro. Il mio ‘sogno’ è che il presidente Netanyahu, nel giro di qualche settimana, dia le dimissioni e si vada a elezioni anticipate. Serve un ricambio della classe dirigente in Israele”.
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