Regina Pacis a Giavera del Montello: vita e morte di una “cattedrale nel deserto” che in pochi rimpiangeranno

Chissà cosa avrebbe pensato don Luigi Sturzo, grande presbitero e uomo politico italiano vissuto a cavallo del 19esimo e 20esimo secolo, del Tempio Regina Pacis di Giavera del Montello.

Fu proprio il fondatore del Partito Popolare Italiano, trasformatosi poi in Democrazia Cristiana, a coniare la definizione di “cattedrale nel deserto”.

La “Piramide” (così è stata anche soprannominata per la sua forma) ne è stato un fulgido esempio.

Una chiesa costata parecchi soldi, di discutibile stile architettonico, che da subito ha presentato anche grossi problemi strutturali.

Presto il Tempio sarà distrutto, il Consiglio comunale di Giavera ne ha abbassato il grado di protezione dell’edificio di culto di via Monsignor Longhin.

I problemi di tenuta statica si sono fatti negli anni sempre più importanti. Di fatto in disuso dall’inizio del terzo millennio, utilizzato per funzioni religiose soltanto nella cripta inferiore. Sarà fatto spazio per la realizzazione di una nuova struttura.

Tutto nasce il 3 giugno del 1966, quando su proposta dell’allora sindaco Nereo Marsi, il Comune si fece promotore della realizzazione (testualmente dalla delibera) di “un’opera di alto valore spirituale in occasione del 50esimo anniversario della Battaglia del Solstizio”.

La spesa per la costruzione del tempio, che i promotori dello stesso ritenevano di poter accollare in buona parte alla contribuzione di enti, associazioni, governi (italiano e inglese), di fatto fu sostenuta per la quasi totalità dalla parrocchia di Giavera.

Ne ricostruisce la genesi Pietro Zanatta, ex sindaco di Giavera (dal 1995 al 2004) e grande appassionato di storia locale: “Per l’occasione – ricorda Zanatta – fu creato un Comitato d’onore al quale furono chiamati il vescovo di Treviso, monsignor Carraro, politici di primo piano come Giulio Andreotti, Mario Ferrari Agradi, Giuseppe Caron, Ennio Zelioli Lanzini. E fu creato anche un comitato esecutivo locale che avrebbe dovuto gestire l’opera, ma ebbe in realtà un ruolo molto marginale”.

Il progetto fu affidato all’architetto Angelo Tramontini, che probabilmente molto si ispirò al Tempio del Monte Grisa che fu realizzato qualche anno prima a nord di Trieste.

Il 23 giugno 1968, giorno del 50esimo anniversario della fine della Battaglia del Solstizio, fu posata la prima pietra, a cui partecipò il vicario del vescovo, monsignor Pietro Guarnier.

Oltre a non godere del favore di molti estimatori, l’opera presentò subito seri problemi, non soltanto di tenuta strutturale e di sicurezza.

“Una costruzione molto alta, fredda, praticamente impossibile da riscaldare. – sottolinea Pietro Zanatta – La copertura della chiesa era fatta di pesanti lastroni di marmo agganciati, con dubbia solidità, alla struttura. Quando ero sindaco chiesi al parroco don Veludo di fornire un’attestazione di sicurezza dell’edificio in quanto aperto al pubblico”.

I tecnici incaricati dalla Diocesi di verificarne la stabilità rilevarono che le pareti della chiesa flettevano sotto il peso dei lastroni di marmo, che furono quindi rimossi e l’agibilità della chiesa fu sospesa.

Inoltre, è tuttora visibile una porzione della scala esterna che doveva servire per raggiungere l’area sovrastante dove, secondo le intenzioni originarie, doveva essere ospitato un museo dedicato alla Grande Guerra.

La scala era ben lontana dall’avere criteri di sicurezza e fu presto “tagliata” per evitare d’essere raggiungibile.

L’agibilità della chiesa non fu mai ristabilita in quanto il pavimento interno era in discesa verso l’altare maggiore, quindi non rispettava le normative vigenti di sicurezza, e le funzioni religiose hanno iniziato a svolgersi solamente nella cripta sottostante.

La sua completa ristrutturazione avrebbe costi elevatissimi e, per la verità, in molti a Giavera non vedono l’ora di liberarsi di questo “elefante bianco” (come direbbero gli inglesi).

Ora si attende l’abbattimento del Tempio per far posto al nuovo complesso parrocchiale sulla cui idea di progettazione il parroco don Narciso Bernardi ha chiesto la collaborazione e la partecipazione dell’intera comunità parrocchiale.

È stato infatti diffuso un questionario e sono stati organizzati incontri promossi anche dall’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Cei e dalla Diocesi di Treviso.

“La spesa per l’abbattimento del tempio – spiega Pietro Zanatta – e per la realizzazione del nuovo complesso parrocchiale sarà finanziata per il 75 percento dalla Cei, con i fondi dell’8 per mille. Non so a
carico di chi sarà posto il restante 25 percento, anche se ritengo che la parrocchia avrà un onere di non poco conto al riguardo”.

(Fonte: Flavio Giuliano © Qdpnews.it).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
#Qdpnews.it

Total
0
Shares
Related Posts